Capitolo 21

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CAPITOLO 21

Mamma e papà erano in televisione. Lei piangeva mentre lui cercava di trattenere le lacrime, cercando di fare l'uomo. Non so se per lui piangere era un atteggiamento da debole.

Ma non erano soli infatti c'era anche Peppa che piangeva disperata. Quindi sapevano che anche Thomas era scomparso.

"Si chiamano Emma Lopez e Thomas Wilde i ragazzi spariti nel nulla questa notte" il giornalista spiegava vicino a loro "Si pensa ad una fuga dato che è stata ritrovata una corda calata dalla stanza della ragazza. Qui con me ci sono i genitori della ragazza e la donna dei servizi del ragazzo dato che i genitori di quest'ultimo erano in viaggio per lavoro ma sono stati immediatamente avvisati."

Thomas intanto era tornato in salotto e ascoltava con attenzione il telegiornale.

"I genitori e la donna vogliono mandare un appello" e girò il microfono verso mio padre che parlò "Emma, tesoro, se ci puoi ascoltare in questo momento, ti prego torna a casa. Io e tua madre siamo preoccupati...ti prego." Aveva la voce rotta dall'emozione ed io mi sentii in colpa vedendoli stare così male.

Il microfono si spostò verso Peppa che dopo pochi secondi in cui non riusciva a parlare per colpa delle lacrime, incominciò il suo appello "Thomas...ti prego torna a casa, non so dove tu sia ma io ed i tuoi genitori siamo molto preoccupati...ti prego tesoro tornate a casa subito.." e scoppiò a piangere.

"Qui da Miami è tutto a voi in studio" concluse il giornalista. Spensi la tv e mi girai a guardare l'espressione di Thomas: era indecifrabile, triste e in colpa.

Mi alzai e lo abbracciai anche se lui aveva lo sguardo perso nel vuoto "Cosa facciamo?" gli chiesi con il viso appoggiato sul suo petto.

"Non lo so" rispose e dopo essersi staccato da me si sedette sul divano e Benny lo raggiunse sdraiandosi al suo fianco "Io vorrei rimanere qui con te per sempre ma, non posso far soffrire 5 persone per causa mia"

Annuii sedendomi difronte a lui. Ci pensai su e poi parlai "Io non voglio tornare a casa.". Lui alzò lo sguardo sorpreso di quella risposta ed io gli diedi una spiegazione "Ormai sanno che siamo assieme. Se tornassi a casa i miei non mi lascerebbero più vederti dopo aver scoperto quello che sei e vedendo il gesto che abbiamo commesso. Ed io non resisterei senza di te"

Mi guardò a lungo negli occhi "Anche io piccola. Non sopporterei di starti distante." E mi fece sedere sulle sue gambe abbracciandomi da dietro. "Perché tuo padre ce l'ha con me?" mi chiese ad un tratto.

"Bhe non ce l'ha solo con te ma con tutte le persone come te, che si fanno del male. Dice che non siete tanto apposto con il cervello e che dovete farvi curare. L'altra volta che abbiamo litigato lui ha tirato fuori degli esempi di ragazze uccise dal fidanzato autolesionista e ha paura possa succedere anche a me. Ma io so che tu non lo faresti mai." gli dissi.

"Hai ragione piccola io non ti farei mai del male...ti ucciderei solo di coccole" mi rispose ed io non resistetti dal non baciarlo. Era troppo dolce quel ragazzo!

"Bhe non è così male come morte no?!"

"No è fantastica, l'ho provata anche io e la provo tutt'ora con te" mi sussurrò all'orecchio prima di lasciarmi un morso sul collo che mi fece scappare una piccola risata.

"Quindi rimaniamo qui?" gli chiesi per essere sicura.

"Certo, ora che ti ho tutta per me di sicuro non ti lascio andare così" e mi baciò. Lo attirai a me per il collo e, dato che ero a cavalcioni su di lui, Thomas mi sorresse dalla vita. Gli tirai le punte dei capelli e lui mi morse il labbro inferiore sorridendo.

Potrebbe sembrare una scena che ne precede una di sesso ma in realtà continuammo così per un'ora, mordendoci, baciandoci ed accarezzandoci a vicenda. Era tutto molto dolce. Alla fine però lui mi lasciò il segno di un succhiotto sul collo.

Ma ormai non mi preoccupavo più che i mie lo vedessero tanto loro non c'erano e ormai sapevano che eravamo fidanzati anche se non erano d'accordo e non approvavano.

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Passarono 4 giorni così, tra coccole giornaliere e notturne, scherzi, corse la mattina e bagni in piscina. Avevamo comprato un guinzaglio a Benny e ogni mattina lo portavamo a correre e non si stancava mai anche se dopo il pomeriggio dormiva per 2 ore sul divano.

Ogni giorno sentivamo notizie su di noi sul telegiornale e i miei genitori e quelli di Thomas continuavano a mandare appelli chiedendoci di tornare. A Thomas faceva male vedere i suoi così preoccupati e disperati ma ogni volta chiudeva la tv e alla mia domanda "Vuoi ritornare?" lui rispondeva con un no deciso e dopodiché mi coccolava.

Certo era il paradiso questo genere di vita ma mi capitava più volte di pensare ai miei genitori. Non li avevo mai chiamati e neanche mandato un messaggio. Anzi il cellulare lo tenevo spento e già immaginavo che una volta acceso avrei trovato 100 chiamate e messaggi da loro.

Thomas invece lo teneva acceso e ogni volta che riceveva un messaggio da suo padre o sua madre lui lo cancellava e non dava una risposta.

Era a sera del quarto giorno ma io andai a letto presto perché ero distrutta, e dopo aver avvisato Thomas lui mi rispose con un "Vengo più tardi piccola".

Mi addormentai subito e per la prima volta da quando ero scappata sognai i miei genitori che mi aspettavano a casa disperati e con le lacrime agli occhi, compreso mio papà.


THOMAS'S POV

Emma era a letto da più di un'ora ormai e quando andai a controllare se era sveglia la trovai abbracciata al suo cuscino che dormiva beatamente.

Tornai in salotto e accesi il MacBook. C'era una cosa che mi turbava ma non potevo parlarne con lei. Avrei prima fatto una ricerca e alla fine se fossi arrivato a qualche conclusione ne avrei parlato.

Aprii la pagina di Google e digitai una sola parola: autolesionista.

Mi vennero fuori milioni di pagine, da blog per depressi,a possibili ipotesi su come curarla,fino ad arrivare a storie di ragazzi come me. E fu proprio quest'ultimo punto che a me interessava approfondire meglio.

Girando per i vari siti trovai le storie che il padre di Emma aveva raccontato a lei: Ragazza uccisa dal fidanzato –Il ragazzo soffriva da tempo di depressione e autolesionismo.

Lessi l'articolo e rimasi senza parole. Ne trovai un altro: Getta la sua ragazza dal terrazzo e poi si toglie la vita- Omicidio commesso da un ragazzo che da anni soffriva di depressione.

Rimasi davanti al computer fino all'una di notte e lessi articoli su articoli riguardanti autolesionisti che uccidevano le proprie fidanzate o amiche prima di, a loro volta, togliersi la vita. Ma non c'erano solo quel tipo di cronaca: i siti erano pieni di articoli dove anche solo il ragazzo o ragazza autolesionista si uccideva lasciando lettere dove spiegava i motivi.

Leggendo tutto quello mi aveva portato a ragionare: e se anche io avessi fatto una cosa del genere ad Emma?

Di certo tutti quelli che avevano reagito così era solo per un raptus che gli prendeva il cervello in un momento di debolezza e non perché non amavano la propria ragazza.

Presi paura. Ragionai sul da farsi e ripensai alle facce sconvolte dei suoi genitori. Era anche per causa mia se stavano così: ero stato io a convincerla a scappare.

Dovevamo tornare a casa, almeno avrei fatto smettere di soffrire 2 persone, anzi 5 se si contano anche i miei e Peppa.

Ancora però non sapevo che fare con lei. Aver letto tutte quelle storie mi aveva fatto ragionare e pensare che forse era un pericolo invisibile per lei stare con me. Sbadigliai segno che il sonno era arrivato e quindi spensi il computer e lo rimisi al suo posto dentro il mobile.

Andai a letto e abbracciai Emma senza svegliarla. Gli lasciai un bacio sul collo ma era pieno di tristezza. Tristezza per il fatto di doverla lasciare. Ma ancora non lo sapevo.

Wounded Angel- Angelo FeritoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora