Capitolo 6

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POV. JOCELYN

Non ci posso credere...
Mi ha illuso...

Sono chiusa in camera da tre ore e continuo a piangere.

Sento il telefono squillare.

«Joce! Vai tu!» urla Max dalla cucina

Mi alzo piano e raggiungo il telefono.

«pronto...» rispondo

«parlo con la famiglia Black!? » chiede un uomo

«si...» non capisco. Sono le dieci e mezza di sera.

«sono della polizia! Abbiamo trovato un certo Nathan Black steso su un marciapiede. Deve aver bevuto molto... Ora è qui in centrale, dovreste venirlo a prendere... » spiega il poliziotto

«oh! Va bene, ora arriviamo!» riattacco

Scendo in cucina e cerco Max. È in salotto che gioca alla PlayStation con un amico, Nash mi pare.

«Max! Tuo fratello si è ubriacato e ha perso i sensi sul marciapiede. Ora è alla centrale di polizia... Dovresti andarlo a prendere! » dico con nonchalance

«imbecille! Non aveva mai bevuto così tanto da svenire... Avete litigato!?» mi guarda

Non rispondo e torno in camera mia.

Una domanda mi frulla in testa...
Perché si è ubriacato se è stato lui a lasciarmi?

Non ce la faccio più, la mia testa sta per scoppiare e vorrei tanto dimenticare tutto.

Mi infilo sotto le coperte e chiudo gli occhi.

Sogno...

«sei solo una stupida! Come tua madre e ora pagherai per lei!» dice un uomo con un passamontagna

Sono legata con una catena per terra e l'uomo tiene in mano una spranga di ferro.

Si avvicina, la alza e mi colpisce alla pancia.

Tiro un urlo per il dolore e mi raggomitolo. Comincio a tossire e il sapore del sangue comincia ad invadere la mia bocca.

L'uomo se ne va e chiude la porta della stanza dove sono a chiave, lasciandomi sola al buio.

Sento dei colpi al muro vicino a me e dopo poco dei mattoni si staccano.

«Jocelyn!» è mio padre

«papà!» mi si riempiono gli occhi di lacrime

«ora vieni! Dobbiamo uscire!» mette un piede dentro la stanza

«non posso sono legata!» indico le catene

La serratura della porta si apre e l'uomo di prima entra con una pistola in mano e altri due uomini al seguito.

«uccidetelourla l'uomo e spara

Mio padre stramazza a terra e non si muove più.

«papà!!! » urlo e corro verso di lui, senza successo perché uno degli uomini da uno strattone alla mia catena e mi fa cadere.

Batto la testa su qualcosa di
appuntito e torna il buio.

Fine sogno...

Il mio coinquilinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora