Capitolo due, Ashlee

235 29 7
                                    

Ho un déjà-vu.

Non è la prima volta che mia madre mi chiede di dare le medicine alla sua cagnolina. Anzi, alla mia cagnolina, dato che per il mio quindicesimo compleanno aveva deciso di regalarmi un cane, anche se non sono una grande fan degli animali.

All'inizio ne ero entusiasta. Ero convinta che sarebbe stato divertente prendersi cura di qualcuno che non fossi io. Poi quando avevo ricevuto la mia prima delusione d'amore avevo capito che se non ero in grado di prendermi cura di una persona, allora non potevo farlo nemmeno con una cagnolina. Mi ero resa conto che era un semplice animale che si comportava come un animale. Che non potevo comprendere i suoi bisogni attraverso un bau-bau.

Diamine, almeno le persone parlano!

Mia madre mi guarda con le lacrime agli occhi cercando di impietosirmi e spiegandomi che non ha avuto molto tempo per portare Lacy dal veterinario a causa del lavoro. Dal canto mio le rispondo che sono tornata da solo due giorni dal New Haven per le vacanze estive e ho bisogno di almeno qualche giorno per sistemare le mie cose e riprendere i ritmi tranquilli di Bridgeport. Io e la mia migliore amica Hailee, abbiamo lasciato a malincuore quel meraviglioso appartamento non lontano dall'università di Yale per tornare nella nostra cittadina, nel Connecticut.

Non ho voglia di litigare con lei così, mentre mia madre esce di casa per andare a lavoro, io do le medicine a quella povera bestiola. Le stesse che le prescrisse il veterinario più di quattro mesi fa. Non sappiamo neanche che malattia abbia. Però ci siamo rese conto che è diventata pelle e ossa e non mangia granché. Con questo caldo deve avere anche molta sete. Riempio la sua ciotola rossa con su scritto Lacy, che mia madre ha fatto fare apposta per lei, e gliela posiziono davanti, accovacciandomi alla sua altezza.

«Non fare casini, okay Lacy?».

Lei inclina la testolina bianca e marrone di lato e mi guarda con aria interrogativa e io mi chiedo perché diavolo sto parlando con un cane. Mi raddrizzo, recupero la mia borsa dall'attaccapanni ed esco per godermi il sole e il caldo di Bridgeport.

Appena esco dalla porta mi rendo conto che fa più caldo di quanto mi ricordassi e sono felice di aver indossato il mio prendisole azzurro con i girasoli. Adoro questa città. Bridgeport è sempre movimentata, ci sono tanti bambini che vanno in bicicletta con i loro piccoli caschi fatti su misura, parecchi anziani con le camicie hawaiane che giocano a carte sui tavolini all'aperto dei bar, vi sono giovani coppie che camminano mano nella mano e ragazzine che portano a spasso il loro cane. Le persone sono sempre cordiali e gentili, alcuni mi hanno salutato e dato il bentornata in città. Devo ammettere che mi è mancato tutto questo.

Anche se il New Haven è fantastico, Bridgeport è sempre Bridgeport. È la città in cui sono cresciuta, in cui ho trascorso tutta la mia infanzia e in cui ho raccolto tutti i miei ricordi. E poi è la città in cui c'è mia madre che, anche se litighiamo una volta si e l'altra pure, le voglio bene. È l'unica persona della famiglia che mi è rimasta, a parte nonna Betty. Non ho mai avuto fratelli o sorelle. E non ho mai conosciuto mio padre.

Mia madre mi ha sempre detto che un giorno è uscito e non ha mai più fatto ritorno. Io le credo, insomma, perché non dovrei? Mio padre avrà avuto le sue ragioni per fare ciò che ha fatto. Non mi ha mai telefonato o contattato, non ha interesse nel tentare di recuperare un minimo di rapporto con sua figlia, così io rispetto la sua scelta. Questo non vuol dire che io non ci soffra. Sto solo trovando una scusa per tirare avanti, perché diamine, darei il mio braccio sinistro per poter rivedere mio padre, anche solo per cinque minuti.

Mentre continuo a camminare sento il mio cellulare emettere un Bip, così lo recupero dalla borsa. Sullo schermo appare il nome di mia madre che mi chiede se ho dato le medicine a Lacy, così le rispondo che, oltre a darle le medicine, le ho anche riempito una ciotola d'acqua, e lei replica con un emoticon tutto sorridente. Ripongo nuovamente il cellulare nella borsa e decido di allungarmi da Timothy's Ice Cream che, anche se si trova nella periferia della città ed è abbastanza lontano da dove abito io, fa i gelati più buoni del mondo. Mando un sms ad Hailee, la mia migliore amica, per chiederle se ha voglia di raggiungermi ma mi risponde quando sono ormai quasi arrivata dicendomi che deve aiutare la sorella Jennifer nelle faccende domestiche.

Ti troverò dove c'è il soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora