Capitolo ventotto, Ashlee

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Un rumore di stoviglie mi riporta in vita dal mondo dei sogni.

Apro lentamente gli occhi, prima uno, poi l'altro e mi concedo qualche secondo per capire dove mi trovo. Un braccio tutto muscoli mi avvolge la vita e mi tiene stretta a sé. Ci impiego mezzo secondo a capire che si tratta di Roy e che sono in camera sua. Il suo profumo familiare mi investe le narici, spingendomi a sorridere. Sono nel letto, insieme al ragazzo che amo da ormai troppo tempo per credere che sia vero tutto questo. Ci avevo quasi perso le speranze a causa delle continue litigate, ma invece lui è qui che mi stringe forte e ricambia i miei stessi sentimenti.

Mi giro piano di fronte a lui e mi concedo un po' di tempo per guardarlo, o meglio, ammirarlo. È bellissimo mentre dorme. Il suo respiro regolare mi solletica la guancia sinistra e il suo petto si alza e si abbassa in modo ritmico. I suoi capelli color castagna sono disordinati, sparati in tutte le direzioni e alcune ciocche gli ricadono sulla fronte. D'istinto gliele sposto, facendo attenzione a non svegliarlo. Una leggera barba gli contorna la mascella, facendolo risultare più sexy e virile. Il mio uomo sexy e virile. Vago con lo sguardo fino ad arrivare ai suoi addominali perfetti. Non credevo possibile che la perfezione potesse essere concentrata in un'unica persona, eppure Roy è l'incarnazione della perfezione. Credo proprio che nel momento in cui i suoi genitori lo stavano concependo, una qualche divinità si sia divertita a modellarlo, donandogli le proporzioni giuste.

Non riesco ancora a credere che abbia vagato come un disperato nel folle tentativo di ritrovarmi. Nessuno aveva mai fatto questo per me. E nonostante le scoperte della notte precedente mi abbiano notevolmente scossa, sono felice. Felice di avere lui al mio fianco. Mi allungo sul comodino per recuperare il cellulare e leggere l'orario. Sono le due e mezza passate, abbiamo dormito tutto sommato sette ore, e anche se non ho recuperato a pieno la mia energia, mi sento riposata.

Stando attenta a non svegliarlo, sposto il suo braccio muscoloso e mi alzo dal letto, lasciandolo dormire ancora un pò. Si merita di riposare ancora dopo tutto quello che ha fatto per me. Mi inoltro nel corridoio a piedi nudi per raggiungere la cucina e prepararmi un po' di caffè, ne ho proprio bisogno. Magari recupero anche qualcosa da mangiare e preparo un panino a Roy. Mi passo una mano tra i capelli intrecciati, provando a districare un nodo. Entro in cucina sbadigliando e solo allora mi accorgo che seduti attorno al tavolo ci sono Albert e Joseth.

Stavano parlando di qualcosa di importante di sicuro, perché appena ho fatto il mio ingresso si sono ammutoliti. Albert abbassa lo sguardo sulla sua tazza e non dice nulla. È la prima volta che vedo quest'uomo sobrio. Joseth invece mi squadra dalla testa ai piedi e solo allora mi ricordo di avere addosso solo un paio di boxer e una maglietta grigia che mi ricopre fino a metà coscia, appartenenti al figlio. Dio, che imbarazzo! Tuttavia non commenta il mio abbigliamento.

«Ben alzata, tesoro» mi sorride.

La sua gentilezza mi innervosisce. Io non so ancora bene come comportarmi con lei, dopotutto ha contribuito al mio rapimento. Anche se non era d'accordo, come ha sostenuto, ne era comunque a conoscenza e non ha fatto nulla per dissuadere mio padre. Gesù, è così strano dirlo.

«Scusate, non volevo interrompervi» dico sincera, soprattutto rivolta al padre di Roy.
In fin dei conti non ho nulla contro di lui. Ora che ci penso non mi pare di averci mai scambiato una parola.

«Tranquilla, è tutto apposto» risponde lei. «Ho appena fatto del caffè, ne vuoi un po'?»

Annuisco. Apro la credenza in cui so di trovare le tazze e prendo quella che ho sempre usato quando mi sono presa cura di Chris. Mi verso il caffè nella tazza e subito ne bevo un sorso, sentendomi immediatamente meglio.

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