Capitolo quindici, Ashlee

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Suono il campanello bianco con scritto Bennet e attendo che qualcuno mi apra.

Ultimamente mi sembra di passare molto più tempo qui che a casa mia, ma la cosa non mi dispiace neanche un po'. Mi trovo bene qui, in loro compagnia.

Chissà perché... mi rimprovera la mia coscienza, ma io decido di ignorarla, perché un Roy in miniatura mi ha aperto la porta.

Gli sorrido e il suo viso si illumina non appena si accorge che sono io. Mi piace l'effetto che ho su questo ragazzino. Ho sempre adorato i bambini, riescono sempre a mettermi di buonumore. È come se la loro risata riesca a scalfire quella corazza che mi ha oppresso per tutta la giornata, facendomi finalmente tornare a respirare. Ed è esattamente così che mi sento quando Christopher mi corre in contro e mi abbraccia, talmente forte che rischio di perdere l'equilibrio e di far cadere il cartone che ho tra le mani. Mentre è ancora tra le mie braccia gli lascio un bacio tra i capelli e lui mi conduce in casa.

Mi sono spesso soffermata a pensare a come ci si debba sentire con un fratello o una sorella che ti gira per casa, e la verità è che mi sarebbe piaciuto avere una sorellina con cui giocare con le bambole e per farle le trecce, oppure un fratellino così da giocare con lui alla playstation o per aiutarlo a fare i compiti. Dopo l'incontro con mio padre ci ho pensato ancora di più, perché infondo i miei genitori non sono vecchi, avrebbero potuto eccome avere un altro figlio.

E io sono stata talmente concentrata sul mio problema da non pensare nemmeno ad una remota possibilità che mio padre si sia rifatto una famiglia. Non ho idea di come prenderei la cosa sinceramente. Per ora voglio concentrarmi sull'aiuto che voglio offrire a Roy.

E lui come sentitosi nominare, si presenta nel salotto. Con solo un asciugamano addosso. Oddio... Sotterratemi adesso e non se ne parla più, okay? Mi costringo a spostare lo sguardo altrove pur di non guardare i suoi addominali.

«Chris, chi era alla port...» inizia a chiedere, ma poi il suo sguardo si posa su di me. «Ah, sei arrivata» mi sorride.

E io non resisto. Il mio sguardo cade sul suo fisico perfetto, prosciugandomi tutta la saliva dalla bocca. La mia gola diventa secca al punto che sono costretta a tossire. «Ciao» lo saluto, dopo aver smesso di tossire. «Sherlock Holmes, indovina cosa vi ho portato?» lo sfido, alzando il cartone bianco che ho in mano.

«Mhh, devo pensarci, è troppo complicato questo enigma per me» scuote la testa divertito e poi inizia a guardarmi sottecchi e con fare sospetto, facendomi ridere. «Non saranno mica ciambelle?» domanda dopo un po'.

«Wow, che detective intelligente!» lo prendo in giro fingendomi colpita.

«Davvero hai portato le ciambelle?» chiede Chris emozionato. Io gli sorrido e annuisco. «Tu non me le compri mai le ciambelle» dice, indicando il fratello.

Il volto di Roy si rabbuia per un istante, ma si riprende subito. «Però in compenso ti faccio dei biscotti al cioccolato fenomenali, vero?»

Chris ride scuotendo la testa. «Ehi, ehi, frena con la modestia» lo riprendo. «Quelli che ti ho preparato io l'altra volta erano più buoni, giusto?»

«Certo» risponde mostrandomi i pollici all'insù.

Roy fa un sospiro rassegnato e si passa una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia. «Vabbè ho capito, vorrà dire che ordinerò una pizza gigante solo per me» ci fa la linguaccia e si avvia in camera sua per vestirsi.

«Non ci provare!» esclamiamo io e Christopher in coro.

Quando torna in salotto per fortuna non è più mezzo nudo. Si è messo un paio di pantaloni della tuta grigi e una canotta blu, e sta già telefonando la pizzeria da asporto. A volte mi stupisce di quante cose Roy sappia di me senza il bisogno di domandarmi nulla. Sa praticamente tutto, anche le cose più futili, tipo il mio gusto preferito di pizza. Mentre io di lui non so molto, dato che ho iniziato a conoscerlo da pochissimo. La pizza arriva una quindicina di minuti dopo, riempiendo la stanza di un profumino invitante.

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