Capitolo dodici, Roy

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Da quando Ashlee se n'è andata, è da più di mezz'ora che sono sdraiato sul mio letto con le braccia incrociate dietro la nuca a fissare il soffitto. In realtà non riesco a smettere di pensare ad Ashlee e alle sue perfette labbra rosse.

Ed è più di mezz'ora che continuo a passarmi l'indice sulle labbra perché sento ancora il formicolio, provocatomi dal suo bacio delicato, e a sorridere come un ebete pensando a come le ho rubato questo bacio, facendole credere che era sporca di glassa. Che poi aveva davvero il sapore di lampone e ne sento già la mancanza.

Non so perché l'ho fatto. Forse mi sono lasciato travolgere dal momento, dato che mi ha detto con tono serissimo di non provare schifo nei miei confronti e che nonostante tutto il casino che ho fatto e in cui mi ritrovo lei sia rimasta, avvicinandosi a me. O forse perché i bicchieri di vino bianco che ho servito durante il nostro appuntamento mi hanno dato alla testa.

Cazzate.

Solo cazzate.

L'ho baciata perché desideravo farlo da tantissimo tempo. Perché per una volta ho messo da parte le litigate infinite, il casino che sono, la sua insicurezza provocata dall'assenza di suo padre, il suo carattere iracondo, e l'ho vista per ciò che è realmente. Una ragazza dolce con gli occhi di libertà, con la quale ho passato la serata più piacevole della mia vita, facendola ridere e anche arrossire.

Mi piace un casino quando arrossisce. Continua a tenere il suo sguardo deciso, ma l'indecisione si legge paro paro nei suoi occhi azzurri. Potrei persino abituarmi a questo suo lato in cui ride con me e non passa la maggior parte del suo tempo a urlarmi contro. Diamine, se basta così poco a renderla dolce le preparerò la cena più spesso. Potrei persino...

I miei pensieri vengono interrotti dalla suoneria del mio cellulare. Mi allungo sul comodino, ignorando il dolore al torace, e afferro il cellulare che continua a squillare. È un numero che non conosco.

«Pronto?»

«Hei, sei Roy?» domanda una voce femminile che non riconosco.

Ma chi diavolo è?

A nessuna ragazza con cui sono stato ho permesso che avessero il mio numero. Parliamoci chiaro, non sono il tipo da relazione fissa, per cui con le donne mi sono sempre e solo divertito negli ultimi anni. Diciamo che non avevo proprio la testa per stare dietro a una relazione stabile.

E questo il mio migliore amico lo sa bene, dato che mi rimprovera sempre per come mi ritrova la domenica mattina dopo una festa, ovvero in post sbronza e con una sconosciuta nel letto. Lucas viene sempre a casa mia di domenica mattina perché andiamo insieme a correre o ad allenarci in palestra. Ormai non c'è nemmeno più bisogno di dirlo, lo facciamo e basta. È come una specie di rito.

Per cui ogni domenica mattina è sempre la stessa storia. Anche se ultimamente sono stato troppo occupato a litigare con una bella biondina che questa sera ho baciato e che mi sta mandando fuori di testa, per potermi occupare delle feste.

Sospiro e riporto la mia attenzione alla telefonata.

«Si, sono io. E tu chi saresti?»

«Sono Fanny e credo proprio che dovresti venire nel mio bar» afferma ad alta voce, come se volesse sovrastare la musica.

«Io invece credo proprio di no» sbuffo infastidito.

«Senti, io sto lavorando. E come lavoro faccio la barista, non la babysitter, quindi potresti venire a prendere quello che credo sia tuo padre?» ribatte irritata. «È ubriaco fradicio».

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