Capitolo quattordici, Roy

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Uno schizzo d'acqua mi fa aprire gli occhi di scatto.

Boccheggio in cerca d'aria per la sorpresa e mi guardo intorno. Sono in camera mia, nel mio letto. Mi passo una mano sul viso per asciugarmi l'acqua, anche se non riesco a capirne la fonte. Sono assonnato e confuso. Poi qualcuno ride ed io riconoscerei la sua risata tra altre mille. Sibilo un «coglione» e mi metto il cuscino in faccia. Lui ride ancora di più facendomi sbuffare.

«Sei diventato gay per caso?» domanda, continuando a ridere.

Cosa? «Che cosa hai detto?» mi scosto il cuscino dalla faccia e lo guardo storto, sfidandolo a ripetere.

«Wow, e non biascichi nemmeno. Non hai bevuto nemmeno un goccio ieri sera?».

«Già, esatto. E adesso mi dici perché sei qui?» chiedo, con l'irritazione alle stelle.

Lucas, per tutta risposta, posa il bicchiere sul comodino, con il quale evidentemente mi ha tirato l'acqua, si avvia alla finestra e scosta le tende, facendo entrare il sole in tutta la sua gloria. Mi riporto il cuscino in faccia e mi lamento.

«È domenica, testa di cazzo» dice e mi toglie il cuscino dal viso, buttandolo per terra. «Datti una mossa, siamo già in ritardo per il nostro programma» mi ordina in tono autoritario, ma io che lo conosco abbastanza riesco a cogliere l'ironia tra le righe.

Merda, è già domenica?

«E da quando abbiamo un programma?».

«Da quando hai deciso di prenderti una vacanza per un intero mese» ribatte. «Dov'eri finito piuttosto?» domanda.

«Avevo delle cose da fare» liquido il discorso con un gesto della mano e Lucas non insiste oltre. Sa che se avessi voluto dirglielo l'avrei già fatto. Non per questo è il mio migliore amico.

Mi concedo un attimo per osservare l'abbigliamento di Lucas, in modo da imitarlo. Non ho idea di che tipo di programma abbia in mente. Poi apro il cassetto del comò e prendo un pantalone della tuta nero e una semplice t-shirt grigio scuro sotto lo sguardo attento di Lucas. Sento i suoi occhi verdi bruciarmi la nuca.

«Non è che sei diventato tu gay?» gli chiedo divertito. «No perché se vuoi rimanere a guardare mentre mi cambio per me non c'è problema» faccio una risatina e lui mi offre una smorfia disgustata.

«Che orrore» commenta prima di lasciare immediatamente la mia stanza.

Mi vesto in fretta, rifaccio il letto e vado in bagno a lavarmi i denti. Cinque minuti dopo stiamo già uscendo dal mio appartamento e ben presto scopro che il programma a cui si riferiva Lucas è correre per almeno tre chilometri. Sai che novità. Rimaniamo in silenzio per buona parte del primo chilometro, gli unici rumori che si sentono sono i nostri respiri affannati e quelli provenienti dalla natura che ci circonda.

Questo parco è sempre stato il mio preferito. Ho trascorso tantissimo tempo della mia infanzia qui, tra un pallone e qualche amico. Sorrido al ricordo di quell'infanzia che mi sembra lontana da me anni luce. All'improvviso il mio migliore amico interrompe il silenzio.

«Allora? Hai intenzione di spiegarmi come mai, dopo un mese che non ti vedo, non ti ritrovo in post sbronza e in compagnia di una sconosciuta?» domanda, con il respiro affannato.

La sua domanda mi irrita leggermente, dovrebbe sapere che non ci sto molto con la testa ultimamente.

«Francamente no» ribatto, in tono più irritato di quanto volessi.

«Okay, okay, sei nervoso. Che succede?» chiede.

Sospiro. «È Ashlee, mi fa incazzare. Ieri stavo scherzando, ma lei se l'è presa perché l'ho chiamata con quel ridicolo soprannome e ora non mi risponde» ammetto.

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