Capitolo otto, Ashlee

154 12 2
                                    

«Io voglio sapere tutto» dico decisa.

Lo so che forse dovrei aspettare perché è uscito solo oggi dall'ospedale, ma la curiosità mi sta mangiando viva e non posso più attendere ulteriormente. Roy sbuffa e si passa una mano tra i capelli. Poi mi guarda con uno sguardo triste, o forse arrabbiato, non so quale dei due sentimenti prevalga sull'altro, però mi trapassa l'anima e per un attimo mi manca il respiro.

«Devi proprio rovinare tutto, eh?» chiede, offrendomi una risata amara. Espiro a fatica e mi concentro su di lui, sulla sua reazione.

Deve essere qualche cosa di grande se ha così tanta paura di parlare con me, che gli sono rimasta accanto per tutto questo tempo.

«Io...» comincio a dire, ma Roy mi interrompe immediatamente.

«No, Ashlee. Abbiamo passato una bella serata, non roviniamo tutto con le parole come facciamo sempre. E poi sono uscito oggi dall'ospedale. Cristo, lasciami respirare» parla, alzando un pò la voce. Qualcosa dentro di me scatta, come una molla che a forza di tirarla prima o poi si rompe.

«Ma bella sera di cosa? Stavi per baciarmi davanti quella pista, cazzo. E sai a cosa ho pensato per tutto il tempo? "Dio mio, sto per baciare uno sconosciuto"» rispondo, alzando la voce più di lui.

Okay, forse ho un pò esagerato con queste parole. Non lo reputo uno sconosciuto, però in un certo qual modo è quello che sento.

Merda, non doveva andare così. Non dovevamo finire a litigare. Avrebbe dovuto semplicemente raccontarmi, raccontarsi.

«È così che mi reputi, Ashlee? Uno sconosciuto?» domanda, quasi disperato, scuotendo la testa e allargando le braccia con aria di sfida.

«No, non era quello che intendevo dire...» mi difendo, abbassando lo sguardo sul volante. I suoi occhi tristi sono troppo da reggere.

«E invece intendevi dire proprio quello» dice passandosi una mano tra i capelli. «A questo punto mi domando perchè sto perdendo tempo qui, in questa macchina con te» afferma.

E queste parole mi feriscono talmente tanto, che mi sembra di aver ricevuto un pugno in pieno stomaco, uno di quelli che ti mozzano il respiro. Butto la testa all'indietro per cacciare via le lacrime che minacciano di scendere con fin troppa facilità. Non può vedermi in questo stato. Non può avere così tanto potere su di me. Mette una mano sulla maniglia e fa per andarsene, ma io lo fermo, mettendo da parte il mio orgoglio ferito.

«Aspetta. Intendevo dire... Merda, so esattamente chi sei, okay? Sei la stessa persona che quella sera sulla spiaggia, la notte di ferragosto in cui ci siamo conosciuti, mi ha prestato la felpa per ripararmi dal freddo. Sei la stessa persona che mi ha fatta ridere ogni volta che piangevo per quello stronzo di mio padre. Sei la stessa persona che mi dimostra quanto affetto sei capace di dare alle persone che ami, come con tuo fratello...» Sei la stessa persona di cui sono innamorata, vorrei dire.

Ma queste parole mi muoiono in gola perché mi rendo conto che i sentimenti che provo per lui non sono ricambiati come vorrei. Anche se stasera voleva baciarmi, lui non mi considera in quel senso. Lo capisco da come mi guarda e da come guarda suo fratello. Christopher lo guarda come se ne fosse innamorato, con gli occhi colmi d'amore fraterno. A me invece guarda con indifferenza a volte, e tutte le volte che lo fa una piccola parte del mio cuore si spegne.

Roy sembra capire le mie parole perché fa uno di quei sospiri rassegnati, come se avesse capito di aver perso l'ennesima battaglia contro di me.

Che poi l'amore è questo, una battaglia per vedere quale cuore riesce a sorreggere di più l'altro. E alla fine di tutto, quando l'amore finisce, dover firmare un trattato di pace per lasciare libero il cuore dell'altro e cercare i pezzi sopravvissuti di un cuore in frantumi. Tanto lo sanno tutti che i trattati di pace non durano a lungo e che presto si tornerà ad amare di nuovo.

Ti troverò dove c'è il soleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora