Capitolo ventisette, Roy

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Sto per avere un attacco di panico.

Sto. Per. Avere. Un. Attacco. Di. Panico.

Come cazzo è possibile tutto questo?

Dio, non può essere. Mi sono innamorato della mia sorellastra? Perché non nega tutto se non è così? E soprattutto perché gli occhi di Gamba di Ferro sono dannatamente uguali a quelli di Ashlee?

Ora capisco perché nascondeva sempre i suoi occhi azzurri dietro quelle lenti scure. Probabilmente sapeva da subito chi fossi e non voleva mostrarmi la verità.

Lancio un'occhiata ad Ashlee e la vedo impallidita fino alle punte dei capelli, ha lo sguardo perso nel vuoto e non posso biasimarla. Sono sconvolto quanto lei.

«Rispondetemi, maledizione!» urlo, facendo sobbalzare tutti, compreso me stesso. Me la sto facendo sotto dalla paura per quello che potrà uscire dalla bocca di uno dei due. «Ashlee è mia sorella?» chiedo disperato.

Non ce la faccio più, devono immediatamente mettere fine a tutto questo.

Mia madre sussulta, chiude gli occhi e scuote la testa. «Maledizione, Roy. Concentrati!» grida in risposta. «Come può essere tua sorella? Le date non coinciderebbero. So che non sembra da come mi sono comportata, ma amo tuo padre. Non lo avrei mai tradito. Avevo diciassette anni quando ho partorito. Io e tuo padre ci siamo incontrati subito dopo, a diciannove anni sei nato tu, come potete essere fratellastri se lei è più piccola di te?»

Butto fuori tutta l'aria che ho trattenuto durante la sua risposta e corro ad abbracciare Ashlee.

Sta tremando come una foglia la mia piccolina. Lei si lascia sfuggire un singhiozzo.

Non siamo fratellastri.

Dio, che spavento. La amo troppo per poterla considerare solo come mia sorella. Non voglio nemmeno pensare a cosa avrebbe significato se lo fosse stata veramente. Avremmo dovuto rinunciare a noi, alla nostra storia. Non avrei potuto più baciare le sue soffici labbra, farla ridere con il solletico per poi farle venire i brividi con il mio semplice tocco, o farla incazzare rubandole le ciambelle. Sarei stato costretto a staccarmi da lei e lasciare che il mio amore nei suoi confronti sbiadisse lentamente, come un fuoco che si spenge piano piano. Rabbrividisco al solo pensiero.

Le lascio un bacio sulla testa bionda e lei in risposta mi stringe più forte. Senza staccarci dall'abbraccio ci giriamo verso di loro. Mia madre sorride dolcemente di fronte alla scena e senza rendermene conto sorrido anche io per il sollievo. So che le fa piacere vedere una ragazza bella e forte come Ashlee insieme a suo figlio.

«Dov'è lei?» domando curioso.

Ho una sorella più grande di me, dio mio. Fa uno strano effetto pensarlo. Mi sono sempre considerato come il maggiore, quello in dovere di proteggere tutti, soprattutto Chris. Chissà come la prenderà lui quando capirà di avere una sorella, oltre il suo fratellone.

«È qui, in città» risponde mia madre. «Si chiama Madilyn. Le ho dato il mio cognome, dato che suo padre l'ha abbandonata, disconoscendola. Ma prima di poterla incontrare dovete ascoltare l'altra parte della storia. Anche tu, Ashlee. È per questo che sei qui» ci guarda. Fa scorrere i suoi occhi da me a lei, da lei a me, in maniera snervante.

Ashlee annuisce titubante, così io le sorrido, per infondere coraggio ad entrambi.

«Cos'altro c'è ancora?» domando. Come se le notizie scioccanti per oggi non fossero sufficienti.

«Come già sai, Roy, ero malata. Ho avuto modo di pensare a tante cose in questi anni e mi ero resa conto che non volevo morire con dei rimpianti. Il mio rimpianto più grande era di aver abbandonato quella bambina, per questo ho deciso di cercarla. Però ho chiesto aiuto a Bud non solo per cercare Madilyn, ma anche per le spese mediche. È un altro motivo per cui me ne sono andata, tuo padre con il suo stipendio da agente di polizia non sarebbe riuscito a coprire tutte le spese mediche. Sapevo che Bud era abbastanza ricco da riuscirci e lui ha accettato, a patto che io lo aiutassi a fare una cosa» racconta.

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