Capitolo venticinque, Roy

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Silenzio.

Stiamo tutti in silenzio, nessuno osa dire qualcosa. Io sono ancora aggrappato alla maniglia della porta a chiedermi se mia madre sia realmente seduta sul divano di casa o se sia solo una visione.

Guardo mio padre e mi accorgo giusto in tempo che sta per crollare a terra, forse per la troppa emozione di aver rivisto mia madre o semplicemente per l'alcool. Velocemente mi avvicino a lui e lo sorreggo da sotto le braccia per non farlo cadere.

«Albert è ubriaco?» mi domanda.

Solo dopo aver sentito il suono della sua voce capisco che è reale, che non sto sognando. Che lei si è presentata davvero a casa nostra dopo quattro anni come se nulla fosse, concedendosi anche il lusso di usare la propria chiave della porta.

Non le rispondo.

«Papà, sono Roy. Mi riconosci?» parlo pacatamente per non farlo spaventare. «Adesso ti porto a letto, così puoi stenderti e riposare un po', okay?» gli dico, tanto domani non ricorderà nulla.

Mio padre scuote la testa. «No, voglio stare qui con tua madre. È tornata, l'hai vista?» punta i piedi a terra come un bambino che fa i capricci e me la indica, non centrando esattamente il punto in cui è seduta mia madre.

Sospiro. «D'accordo, sentiremo cosa vuole Joseth e poi andiamo a dormire, va bene?»

«Sì, sì» esulta contento e si siede sul divano, senza nemmeno avere bisogno del mio aiuto.

Mi si stringe il cuore di fronte a questa scena. Non vede sua moglie da quattro lunghissimi anni, per lui questo suo ritorno improvviso è una cosa bella, e non posso biasimarlo. La cosa di cui sono sicuro è che non le darò la soddisfazione di vedere quanto la sua fuga abbia sconvolto mio padre, riducendolo ad un uomo solo, privo di lavoro e alcolizzato. Difenderò lui e i suoi demoni da lei.

Mi siedo sulla poltrona blu consumata di fronte a lei e mi concedo un momento per guardarla. È cambiata tantissimo dall'ultima volta che l'ho vista. Ha gli occhi ancora tristi come quella sera, i capelli del mio stesso colore corti fino alle spalle ed è anche dimagrita parecchio. Il suo viso è solcato dalla stanchezza e dall'età che piano piano avanza anche per lei.

Tutto sommato è ancora bella come sempre, e la cosa mi fa rabbia. Mentre noi siamo stati a struggerci a causa sua, fino a ridurci quasi a nulla, lei sembra stare divinamente.

«Dov'è Chris, il mio piccolino?» chiede guardandosi intorno, come se si aspettasse di vederselo apparire da un momento all'altro.

Mi sporgo in avanti sulla poltrona, mettendo le mani sulle ginocchia e tentando riuscire a trasmetterle la minaccia. «Mettiamo subito le cose in chiaro: se sei tornata per restare allora avviserò Christopher del tuo ritorno, poi sarà lui, liberamente, a scegliere se rivederti o meno. Se hai intenzione di andartene e sparire per altri quattro anni allora non ti avvicinerai neanche a lui. Sono stato abbastanza chiaro?» dico in tono duro.

Mia madre sorride. «Sei cresciuto così tanto, Roy» afferma. «E ti fa onore il modo in cui difendi tuo fratello dalla mamma cattiva. Ma io sono sua madre, capisci? Non puoi impedirmi di vederlo» afferma, sistemandosi poi il foulard che ha al collo, nonostante non faccia freddo, dato che stiamo ancora a fine luglio.

«Oh, si che posso invece. Hai perso qualsiasi diritto che avevi su di lui dal momento che hai lasciato questa casa quella notte» le faccio notare.

Lei scuote la testa. «Per il momento lascio cadere l'argomento, ma non finisce qui perché io voglio rivedere il mio bambino, esattamente come sto vedendo te e tuo padre» mi informa.

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