Capitolo 36- darkness

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Katherine ed io ci guardiamo con gli occhi spalancati.

Siamo rimaste solo noi perché siamo quelle che stanno meglio, che riescono a reggersi ancora sulle proprie gambe.

Certo, sento la stanchezza come chiunque altro ma forse riesco a sopportarla meglio di molti, ma non ne sono più sicura quando sento le acque agitarsi.

-Che cosa sta succedendo?- domando a Katherine.

Tuttavia nessuna risposta giunge alle mie orecchie: sappiamo benissimo cosa sta succedendo ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo.

Provo un po' le stesse sensazioni di quando ero sull'aereo: impotenza e totale dipendenza da questa piccola barchetta. Posso fare affidamento solo su di essa per contrastare la forza demolitrice del mare.

Afferro la mano do Katherine, un po' perché il gesto ci aiuterà a mantenere l'equilibrio, un po' perché ho bisogno, anzi, abbiamo bisogno di conforto.

Qualcuno ci grida qualcosa ma il vento é troppo forte e la barca sempre più rumorosa.

I turisti si agitano come una marea di topi alla vista di una gatto, le braccia aperte verso il cielo e le bocche spalancate che rilasciano grida mute.

Uno scossone improvviso mi fa perdere l'equilibrio, barcollo tremante, le scarpe ai piedi che cercano invano di mantenere la presa sui tronchi e pezzi di aereo bagnati

-Togliamoci le scarpe!- urla Kath.

In un modo che mi sembra impossibile solo a descriverlo per la riuscita ci togliamo le scarpe e le calze ad una ad una e per un attimo sembra che possiamo farcela, che non finiremo in acqua.

I pedi sono più saldi, an he se le gambe tremano per lo sforzo e il terrore.

-Dai, vedrai che se ne accorgeranno. Ce la faremo.- la tiro verso il basso per il braccio e la faccio sedere.

Katherine piange silenziosamente con l'espressione di chi si é arreso alle circostanze.

Le mie mani sono scivolose quando mi aggrappo dalla parte opposta rispetto a lei ma la barchetta sembra reggere e si bilancia nuovamente.

Afferro i due remi sopravvissuti e gliene passo uno.

Ho visto la stessa scena in un film e più volte mi sono immaginata nella stessa situazione, giungendo alla conclusione che di certo mi sarei fatta prendere dal panico.

Tuttavia la mia mente é lucida, fredda. Analizzo la situazione velocemente e con precisione, soffermandomi sulle diverse possibilità.

Aspettiamo che la barca ritorni rischiando di annegare per le onde alte o cerchiamo di raggiungerla remando?

Entrambe sono rischiose ma la seconda opzione mi sembra la più giusta.

-Reggiti con una mano al bordo della barca e metti i piedi in acqua, in questo modo avrai più equilibrio.- le spiego, la voce ferma che ha allontanato ogni traccia di paura -Rema con la mano libera, movimenti ampi ma rapidi.-

Nel frattempo seguo le mie indicazioni e mi siedo sul bordo con la schiena rivolta verso l'imbarcazione.

Il freddo penetra subito attraverso la stoffa leggera dei miei vestiti ma lo ignoro e continuo a remare.

A poco a poco la crociera si fa sempre più vicina e le mie braccia sempre più pesanti. Per fortuna riusciamo a raggiungere l'imbarcazione poco prima do crollare sfinite a terra.

-Attaccati alla scala.- urlo per sovrastare il rombo dei motori dell'enorme barca e aiuto Katherine ad attaccarsi ai pioli.

Lei mi lancia uno sguardo pieno do riconoscenza e allo stesso tempo carico di consapevolezza. Forse io non ce l'avrei fatta.

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