Cap. XIX

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Rimasi lì ferma a guardarmi in torno per un buon quarto d'ora.

Le domande mi erano affiorate a frotte e adesso speravo solo che Azazel tornasse per dare inizio all'interrogatorio. Mi ero fatta prendere dal panico e non ero riuscita a concludere niente. Adesso chissà se l'avrei mai più rivisto.

Aveva detto che non mi avrebbe più lasciata andare, che avrebbe recuperato il tempo perso... ma non mi aveva portata con sé, anche se qualcosa mi lasciva pensare che i nostri cammini si sarebbero incrociati nuovamente. Eppure c'era un non so che di tremendamente inquietante in tutta quella faccenda, qualcosa di incomprensibilmente possessivo nelle sue parole.

Qualsiasi cosa fosse stata, Azazel non mi aveva costretta a seguirlo chissà dove né mi aveva trattata diversamente da come avrebbe fatto un qualsiasi padre in pena per la propria figlia abbandonata alla nascita. Quell'incontro mi aveva demolito ogni certezza creatami intorno col passare di sedici lunghi anni. Ero certa che non mi importasse chi fossero i miei veri genitori, fino a quel momento avevo creduto che ovunque si trovassero e qualsiasi cosa stessero facendo a me non sarebbe importato, avrei vissuto la mia esistenza lontano da qualsiasi verità riguardo la mia nascita.

Invece adesso sentivo che una parte di me aveva pian piano screditato quelle convinzioni per dare spazio ad un grosso buco nero che stava inghiottendo il mio cuore. Avevo capito che Azazel era mio padre prima che lui mi parlasse come tale, lo avevo sentito nella stretta allo stomaco e nel nodo in gola. Non ce la facevo a sotterrare quei palesi segnali d'allarme: io ero felice di aver incontrato il mio vero padre.

Avevo iniziato a vedere i primissimi chiarori dell'alba all'orizzonte, quando avevo deciso che era il momento di tornare da Uriel prima che decidesse di abbandonarmi lì dov'ero.

Non ricordavo più bene dove fosse la grotta ma avevo fatto attenzione a non perdere l'orientamento, ricordavo di essere andata a sud quella notte per seguire mio padre, adesso mi sarebbe bastato controllare il muschio sugli alberi per il nord. Diciamo che la verità era che speravo di avere una gran botta di fortuna e di ritrovami casualmente davanti la mia meta senza troppa fatica, ma stavo iniziando a perdere le speranze.

Il freddo era pungente e mi strinsi le braccia tentando di riscaldarmi, invano. Sentivo il vento che soffiava tra i rami spogli producendo una strana melodia in quel silenzio tombale.

"Dov'eri finita?" chiese una voce che conoscevo fin troppo bene.

Mi girai di scatto e lanciai un urlo che risuonò inquietante nella foresta ancora buia.

Uriel aveva le braccia incrociate al petto e poggiava una spalla ad un albero. Mi fissò dritta negli occhi, la sua espressione era impenetrabile e indecifrabile.

"Hai deciso di farmi venire un attacco cardiaco adesso!? Nel bel mezzo del nulla!" gli urlai mettendomi una mano sul cuore, tentando di calmare i battiti che si erano scatenati ritmicamente dentro di me.

"Che cosa ci facevi in giro per il bosco tutta sola a quest'ora?" chiese lui, la sua voce non era affatto rassicurante, sembrava parecchio nervoso.

"Una boccata d'aria... la tensione accumulata ieri mi stava uccidendo..." certo, chi non prende una boccata d'aria alle cinque del mattino in pieno bosco?

"E quello come te lo sei fatta?" continuò facendo un segno della testa verso di me e fissandomi lo zigomo destro.

Mi portai frettolosamente una mano sulla guancia e toccai qualcosa di umidiccio e appiccicoso. Mi guardai le punta delle dita ed erano rosse di sangue. Dovevo aver sbattuto quando Azazel mi aveva immobilizzata per terra.

"Ho sbattuto contro un ramo tornando alla grotta. Sai, a differenza di voi esseri sovrannaturali, io al buio non ci vedo" avevo deciso di non dire ad Uriel dell'accaduto.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora