Cap. XVIII

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Sobbalzai sentendo delle foglie scricchiolare.

Era piena notte e l'unico suono udibile era il vento che passava tra gli alberi contorti. Il fuoco si era spento e il freddo si era fatto più pungente.

Non avevo proprio dormito, diciamo che mi ero 'rilassata' chiudendo gli occhi ma una buona parte di me era rimasta vigile e attenta sul mondo esterno.

Uriel non pareva farsi troppi problemi, si era addormentato subito dopo la nostra 'chiacchierata' e non si era praticamente più mosso.

Lo guardai un attimo sperando che anche lui avesse sentito quel rumore sospetto ma il suo corpo rilassato stava a simboleggiare la sua totale assenza in quel momento.

Mi protesi in avanti per svegliarlo, il suo viso sembrava di porcellana, era perfetto, quasi ingenuo e vulnerabile, sembrava davvero un angelo adesso che dormiva. Era delicato, sereno, perso in chissà quale sogno.

Ma mi bloccai di scatto. Se lo avessi chiamato spiegandogli del rumore mi avrebbe presa per una bambina, una che non sa cavarsela da sola, la classica ragazza che ha bisogno di essere 'salvata'.

No.

Mi era bastato che il giorno prima si fosse messo tra me e l'ubriaco, adesso dovevo dimostrargli che potevo cavarmela da sola.

Mi misi in piedi scuotendomi la gonna impolverata.

Perché stavo andando incontro al nemico?

Forse perché la curiosità di capire chi ci fosse dietro quel pedinamento stava prendendo il sopravvento o forse volevo solo dimostrare a Uriel, e a me stessa, che io NON AVEVO PAURA!

Uscii dall'ombra degli alberi che mi avevano tenuta al sicuro fino a quel momento e mi guardai intorno. Tutto sembrava tranquillo, la luna rischiarava la notte dando un tocco romantico a quella gelida serata invernale.

Fu in quel momento che giunse al mio orecchio lo scalpiccio di piedi sulle foglie. Veniva da poco lontano da me. Decisi di seguire il rumore.

Sentii quei passi un altro paio di volte, sembravano svelti e composti. Pareva che, chiunque mi stesse cercando, conoscesse il posto sicuramente meglio di me.

Mi allontanai da Uriel e tutte le mie certezze si sgretolarono pian piano davanti ai miei occhi: stavo mettendo parecchia distanza tra me e l'unica persona in grado di proteggermi.

Poi i passi cessarono di botto.

Mi voltai in tutte le direzioni tentando di scorgere anche la più banale ombra, ma niente. C'erano solo alberi e rami che si contorcevano di qua e di là, la poca luce della luna non mi permetteva di vedere altro.

Non potevo andare alla cieca e ricordavo a stento la strada per tornare da Uriel.

"Oh, bambina" disse una voce dietro le mie spalle.

Era bassa, cupa e tenebrosa. Fu quasi un lamento ed era così carica di rammarico che sembrava trasudasse dolore.

Mi voltai di scatto. Un uomo alto, possente e magro era appoggiato ad un albero a qualche metro da me. Era vestito interamente di nero: pantaloni e camicia, le maniche le aveva arrotolate fino ai gomiti, aveva un mantello che lo confondeva col paesaggio privo di una ben che minima luce e il cappuccio gli copriva parte del viso.

Il mio respiro si fece affannoso e iniziai a percepire di nuovo quel bruciore al petto.

Lui si scostò dall'albero e si portò sotto i raggi della luna. Avanzò di qualche passò finché non fu rischiarato da quella fioca luce.

Con mosse caute e lente, probabilmente per non spaventarmi, si levò il cappuccio del mantello. Aveva capelli marroni mossi che gli cadevano sulla fronte, la testa abbassata verso terra. Non riuscivo a vederlo in faccia.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora