Cap. XXX

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Il giro sulla ruota durò una ventina di minuti. Una volta scesi decidemmo di fare una camminata lungo il corso. Avevamo raccolto un po' di informazioni e avevamo unanimemente stabilito che l'indomani saremmo tornati al porto sicuro degli arcangeli per raccontare loro cosa avevamo scoperto e per cercare di metterci in contatto con angeli di ranghi superiori.

"Ehi, piccolo mostro, vieni con me" disse ad un tratto Uriel prendendomi per mano e iniziando a correre.

Corremmo per una buona mezz'ora mantenendoci vicino al Tamigi.

Finalmente Uriel si fermò. Certo lui la stanchezza la sentiva relativamente, a me stava venendo un infarto.

Appoggiai le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Vedevo e sentivo tutto in maniera confusa e appannata a causa della corsa.

"Sei così fragile" disse lui ma non capii se quella frase l'aveva detta a me o se era solo una sua considerazione.

"Cosa?" quasi urlai.

Solo in quel momento mi resi conto che la mia mano era intrecciata a quella di quell'arcangelo tanto irascibile e scorbutico. Immagino non ne avesse acquistato consapevolezza nemmeno lui perché appena se ne rese conto automaticamente incrociò il suo sguardo col mio. Un momento strano: eravamo indecisi se essere noi stessi o se continuare a tenere su le maschere che ci proteggevano.

Poi qualcuno distrattamente ci spintonò e lui mollò immediatamente la presa.

"Stiamo sprecando tempo prezioso" sussurrò.

"STIAMO!?" lo urlai perché lui si era già allontanato da me "STAI sprecando tempo prezioso! Mi spieghi che ci facciamo qui?"

Poi però misi a fuoco davanti a cosa mi aveva appena portata: il  Millennium Bridge.

Uno dei ponti più belli, mastodontici ed emozionanti di tutta Londra.

Mi affrettai a raggiungere quel pazzo del mio compagno di viaggio.

Gli stavo correndo dietro ma c'era parecchia folla, la gente spintonava e parlava e tirava ed ero piuttosto confusa. Non mi resi conto che lui si era fermato e andai a sbattergli contro la schiena. Ovviamente lui non sembrò nemmeno accorgersene.

"Ho una cosa per te" disse avvicinandosi a me.

Per guardarlo negli occhi dovevo alzare il mento, era davvero alto.

Tirò fuori dalla tasca qualcosa e se la mise dietro la schiena, mi sorrise con il suo solito sorriso compromettente, era tremendamente affascinante e irritante allo stesso tempo.

"Devo preoccuparmi?" chiesi sporgendomi per guardare cosa nascondesse.

Sorrise di nuovo e poi mi mostrò cosa teneva nella mano.

Un catenaccio, piccolissimo e nero.

"Voi figli dell'uomo siete molto più suscettibili a cose del genere che ad una promessa fatta da un arcangelo" sospirò divertito.

Non sapevo davvero di cosa stesse parlando ma l'idea di mettere un catenaccio su quel ponte e lasciare un marchio indelebile della mia presenza a Londra era un qualcosa di inspiegabilmente euforico.

Stavo per prendere il catenaccio ma lui lo sollevò in modo che non ci arrivassi.

"Si chiama patto e non puoi più tirarti indietro, sopratutto se lo stringi con l'arcangelo Uriel" spiegò.

"Che patto?" chiesi guardandolo negli occhi.

"Sarò qui, tutte le volte che avrai bisogno, certo non in forma corporea, ma ci sarò. Non ti abbandonerò, dato che hai tanta PAURA di una tale evenienza. Ci sarò anche quando non mi vorrai, ci sarò anche quando vorrai restare da sola. Ma ti prometto che non dovrai mai chiederti se là fuori c'è qualcuno al quale importi" aveva una voce diversa da quella con la quale mi parlava di solito, più bassa, scura, non era l'Uriel che avevo conosciuto, evidentemente non l'avevo mai davvero conosciuto.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora