Cap. XXXIV

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Quando l'ambiente attorno a me si materializzò come portato lì dal vento, Azazel mi lasciò la mano.

Senza forza e con il cuore a pezzi, come se ci avessero giocato a calcio degli adolescenti impazziti, mi accasciai per terra. Ma quel dolore era quasi incomparabile al vuoto che sentii diramarsi nel mio petto fino a toccare la mia anima.

Uriel aveva ucciso mia madre.

Il fatto che lo avessero obbligato o che l'avesse fatto di sua spontanea volontà non contava, l'unica mia certezza adesso era che il ragazzo al quale mi ero affezionata era l'assassino di mia madre.

"Ti presento le tue nuove amichette" disse Azazel, senza curarsi troppo del fatto che fossi praticamente svenuta ai suoi piedi.

Alzai leggermente il viso per vedere a chi si riferisse. Quando mi resi conto di chi avessi di fronte ero già scattata in piedi.

"Tu?" quasi urlai stringendo le palpebre in tono di sfida.

"Piccolo il mondo, non trovi Hannah?" chiese Brigitte.

"Cos'è uno scherzo?" gridai ad Azazel che nel frattempo si era allontanato per andarsi a versare uno strano liquido rosso in un bicchiere si cristallo.

"Ti presento le mie due dannate: Brigitte e Sophie. Non staranno qui per sempre ma puoi ritenerle le tue compagne di giochi" mi rispose lui, bevendo un sorso di quel liquido e sprofondando in una poltrona di pelle rossa posizionata di fronte ad un enorme camino acceso.

Quindi era tutto vero: al mondo c'erano più dannati che guardiani.

Brigitte non si scompose più di tanto alle parole di mio padre, Sophie roteò gli occhi seccata. Intravidi il tatuaggio di Azazel sul loro braccio.

Sophie era magra e alta, aveva più o meno la mia età. La carnagione cadaverica, con due occhi neri che spiccavano come lampadine, portava i capelli lunghissimi, mossi e variopinti, anche se il colore dominante era il rosa acceso.

"So che tu e Brigitte avete già fatto amicizia. Bhè, sono stato io a mandarlartela, volevo che allontanasse quell'animale, che voi mortali chiamate Uriel, da te affinché potessi parlarti un po' in tranquillità... ma che vuoi farci? Pare tu abbia il fascino di tua madre" constatò lui.

Mi infastidiva il fatto che parlasse di me e Uriel come di una coppia. Sembrava fossimo pazzi l'uno dell'altra. La realtà era che: passando quasi una settimana insieme e dovendo, obbligatoriamente, contare l'uno sull'altra, ci eravamo reciprocamente affezionati ma era una condizione che sarebbe presto cambiata. IO l'avrei cambiata.

"Vuoi dire che mi hai spiata per tutto il tempo!?" tuonai nervosa.

"Sto cercando di proteggerti, tesoro" controbatté lui in tono pacato.

Ero furiosa ma mi sentivo tremendamente stanca e priva di forze.

"Modesto il monolocale" osservai guardandomi intorno e tentando di cambiare argomento, mi sentivo frustrata ogni volta che pronunciavano il nome di Uriel.

Eravamo in un enorme salone con i muri di pietra in stile medievale. Un lampadario di preziosi e minuscoli cristalli pendeva dal soffitto in legno. Un lunghissimo tavolo dai piedi possenti e decorati da massicce volute ci fiancheggiava, attorniato da sedie decorate con gli stessi motivi circolari e foderate da cuscini rossi di seta.

Le finestre erano chiuse in modo che non entrasse nemmeno un filo di luce e le spesse tende, anch'esse rosse, adornavano le pareti di pietra.

"Oh tesoro, ti abituerai presto al lusso" rispose ridendo Azazel, senza smettere di sorseggiare il liquido rosso.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora