Cap. XXIII

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"Sei impazzita! Vuoi spedirmi dritto diritto all'inferno? Ti sembro forse il diavolo tentatore? Béh, mi spiace, ma hai sbagliato persona!" mi urlò Uriel quando fummo usciti dal parco, dopo che gli avevo spiegato la mia idea di sopravvivenza.

Mi aveva prestato nuovamente la sua felpa nera perché potessi alzarne il cappuccio e coprirmi momentaneamente le orecchie a punta.

Mi piaceva, era assurdo, ma indossarla mi piaceva.

"Non fare il prezioso, non ti sto dicendo di farci cose sconce, solo di flirtare con una commessa! Sei così melodrammatico!" gli risposi io senza togliere i miei occhi infuocati dal pavimento affinché nessuno li notasse.

"E' un'idea ridicola e, se può farti cambiare piano, non ho mai avuto rapporti di questo tipo con nessuna umana, non trovo il motivo di macchiarmi adesso" continuò lui col suo solito tono irremovibile.

"Sì, sì l'ho capito che hai fatto voto di castità" risposi seccata da quel suo scetticismo.

Lui mi lanciò una delle sue solite occhiatacce.

"Con me ci parli però, guarda, mi hai anche prestato la tua felpa" dissi esasperata allargando le braccia per fargliela vedere meglio, le maniche mi arrivavano oltre le mani che non si vedevano costrette sotto il tessuto, poi le lasciai ricadere sui fianchi e continuai: "Non dovrai fare niente di che, ti basterà fissarla negli occhi e chiederle un consiglio su una maglietta e lei cadrà ai tuoi piedi, se non peggio. Cosa vuoi che accada? Il massimo di cui puoi preoccuparti è che svenga appena le sorridi, anzi evita di farlo se non vuoi risultare eccessivamente disponibile, non ti si addice" gli feci un sorriso d'incoraggiamento e feci per poggiargli una mano sul braccio ma lui si ritrasse prima ancora che lo sfiorassi.

"Sia chiaro, lo faccio solo perché se ti vedono in giro in questo stato a dir poco mostruoso rischiamo di scatenare l'inferno, in città e in tutto il mondo" tuonò lui velocizzando ulteriormente il passo.

Sapevo che non lo faceva per me ma mi infastidiva il fatto che dovesse puntualizzarlo ogni volta.

Camminammo un po' lungo The Queen's walk, la vista era mozzafiato: ovunque mi girassi c'erano turisti entusiasti di ciò che avevano intorno. Eravamo passati esattamente davanti alla ruota ed ero rimasta così affascinata da quell'ammasso di metallo che Uriel per portarmi via da lì mi aveva promesso che, prima di tornare in quel bosco sperduto nel sud della nazione, saremmo ripassati davanti a quello splendore. Alla nostra destra il Tamigi annaspava al venticello freddo di quella mattina e risplendeva sotto la flebile e incerta luce del sole che faceva capolino dalle nuvole minacciose. C'erano ovunque artisti di strada e io mi ero praticamente fermata davanti a ognuno di loro, Uriel si era pentito amaramente di aver scelto come nostra meta proprio Londra. Quel luogo mi affascinava così tanto che avrei voluto fermarmi davanti ad ogni bancarella, ad ogni ritrattista, ad ogni scorcio di città. Diciamo che per quanto ne sapevo potevo aver strappato il cuore da un momento all'altro: avevo intenzione di assorbire quanto più possibile da quell'occasione.

Dopo più di un'ora di camminata trovammo, in una stradina parallela, un negozio d'abbigliamento in un posto appartato, non troppo esposto ad occhi indiscreti. Sbirciai dalla vetrina e intravidi alla cassa una ragazza molto magra e bianca come il latte. Era piuttosto alta e aveva i capelli e gli occhi chiari. Aveva un'aria annoiata ma non triste.

"Okay, vedi di non far saltare la copertura, rispetta il piano e non ci succederà niente di troppo brutto" dissi con tono serio ma non duro, poi mi girai verso Uriel.

Non era né nervoso né arrabbiato, solo seccato che questa volta le avessi prese io in mano le redini della situazione.

Fece roteare gli occhi con fare scocciato poi si diresse verso la porta d'ingresso del piccolo negozio.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora