Cap. XXIV

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"Ho bisogno di qualcosa da mangiare" gli dissi mentre ci dirigevamo nel centro di Londra.

Ero stata costretta a buttare la mia uniforme scolastica nel primo bidone della spazzatura. Adesso ero decisamente più comoda e a mio agio con quegli indumenti ma cosa avrei detto ai miei sui vestiti di scuola?

Avrei trovato una scusa più o meno plausibile e avrei comprato un nuovo completo.

"Sei così umana" sbuffò lui.

Era pallido ma bello come non mai.

"Io SONO umana!" tuonai.

"Tu NON sei umana. Sei figlia di un angelo e un demone. Non hai niente di umano, a parte le sembianze" continuò lui.

Nemmeno quelle ormai... ero una specie di esperimento mal riuscito... un mostro da laboratorio.

"Dammi una delle tue mele magiche" gli dissi ricordando l'unico pasto del quale mi ero cibata negli ultimi giorni in compagnia di Uriel.

"Perché non impari a creartele da sola. Come ho già detto ne hai tutte le qualità" mi rispose lanciandomi un sorriso di sfida.

Io strinsi gli occhi per ricambiare il suo sguardo provocatorio, poi mi fermai e incrociai le braccia.

"Insegnamelo"

Lui si fermò poco più avanti a me e si voltò per guardarmi. Sorrise di nuovo ma sapevo quanto fosse finta tutta quell'espressione angelica. Mi faceva pensare sempre di più a quella di un demone tentatore.

"Okay, promettimi solo che non farai esplodere la terra" concluse lui riprendendo a camminare.

"Ma che spiritoso, vedrò cosa posso fare" risposi stizzita seguendolo.

Uriel entrò in un vicoletto poco esposto e lontano dal viale nel quale stavamo camminando prima. Non c'era nessuno che si addentrasse nel buio tenebroso di quel quartiere. Solo un paio di cani randagi abbastanza docili. Non avevo idea di dove fossimo ma pareva che Uriel conoscesse il posto.

Si fermò a pochi metri da un'aiuola malconcia ma ricoperta da uno strato di verde, quasi inopportuno in quel posto abbandonato.

Mi fece cenno di avvicinarmi al praticello. Con estrema cautela arrivai a pochi centimetri dal verde e lo fissai incerta sul da farsi.

"Trova l'energia che racchiudi dentro. Non bloccarla, assecondala" disse lui.

Mi tolsi gli occhiali poggiandoli per terra e fissai il terreno, di nuovo, ma non accadde nulla. Pensai intensamente all'albero di melo... ma niente, niente di niente. Nemmeno un po' di terra smossa.

Mi girai nuovamente verso Uriel per chiedergli cosa dovessi fare adesso ma quando voltai il viso per cercare il suo sguardo il mio cuore perse un battito. Lui era esattamente dietro di me, i nostri corpi si sfiorarono e io sentii il calore del suo petto sulle mie spalle.

Aprii la bocca per dirgli che quella vicinanza mi metteva a disagio ma non riuscii a fare uscire assolutamente niente. Un groppo in gola bloccava le parole in un nodo invisibilmente struggente.

Sentii il suo respiro caldo e rassicurante che mi agitava i capelli. Alzai il viso per incontrare i suoi occhi, era parecchio alto rispetto a me.

Forse se non fossimo stati così diversi e così reclusi in destini inavvicinabili sarebbe stato diverso. Forse avrei provato qualcosa di più potente e avvincente, forse sarei stata felice. Magari i suoi atteggiamenti da ragazzaccio mi sarebbero apparsi più come una richiesta di aiuto che come una perenne minaccia. Forse... ma solo forse... purtroppo però la situazione era alquanto diversa e nessuno dei due poteva permettersi distrazioni.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora