Cap. XXVIII

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Raccontai a Uriel quello che l'angelo caduto mi aveva detto. Il tutto si racchiudeva in tre parole: maledetta alla nascita. Ma CHI mi avesse fatto una cosa del genere e PERCHE' non ne avevo idea.

"Come faccio ad annullarla?" chiesi ad Uriel alzando la testa dal furgone.

"Solo demoni e caduti possono fare maledizioni" mi informò lui.

"Bene, il cerchio si stringe" dissi sarcasticamente prendendo un sassolino vicino a me e tirandolo al muro.

"Ci saranno due miliardi di creature demoniache a questo mondo, sarà più difficile di quanto immagini"

"COME FACCIO AD ANNULLARE LA MALEDIZIONE?" chiesi spazientita.

"Devi uccidere colui o colei che ti ha maledetta e bere il suo sangue prima che il suo corpo si trasformi in cenere" fu la risposta schietta di Uriel.

"Cosa? Non sono capace di uccidere qualcuno, né tanto meno di berne il sangue!" sbottai perdendo definitivamente le poche speranze che avevo.

"Non è poi così complicato" commentò lui.

Poi si mise in piedi, si scrollò la polvere di dosso e mi porse una mano.

Alzai il mio sguardo fino a incontrare i suoi occhi scuri e penetranti.

"Dove si va adesso?" chiesi accettando la sua mano.

Non rispose.

Mi scrollai i pantaloni e la maglietta, ero piena di graffi ed ematomi ovunque ma immaginai che da adesso in poi avrei dovuto convivere con inconvenienti del genere. Ricordai le parole del caduto: 'Stiamo solo aspettando la nostra occasione per attaccare... ma siamo ovunque... non puoi scappare in eterno'.

"Uriel..." dissi mentre lui si incamminava verso l'uscita del garage.

Si girò e mi lanciò una delle sue solite occhiate noncuranti che però ormai avevo imparato a decifrare.

"Il caduto mi ha detto che presto o tardi mi troveranno, intendo gli altri caduti... quelli che vogliono il mio cuore e direi che sono parecchi... non posso scappare da tutti... non ho nemmeno un angelo custode e quando tu te ne sarai andato sarò sola... SONO sola..." una morsa di ferro mi attanagliò il cuore al pensiero che presto o tardi Uriel non ci sarebbe stato più.

"Vedrò di provvedere affinché abbia un angelo tutto tuo" rispose lui riprendendo a camminare senza troppo interesse.

"No! Non voglio un angelo! Voglio che la gente smetta di bramare di strapparmi il cuore e mangiarmelo!" gli urlai furiosa per il suo poco interesse.

"Scusa ma non posso proteggerti da tutto" fu la sua risposta.

Era già quasi all'uscita e io non volevo più restare da sola in quel posto, lo raggiunsi correndo e sentii ogni singolo muscolo del mio corpo chiedere pietà, avevo dolori anche a parti del corpo che non credevo di possedere.

"Ti conviene darti una ripulita, sembri uscita da un film dell'orrore" mi disse raccogliendo qualcosa da terra.

Poi mi porse i miei occhiali da sole, io glieli strappai di mano.

"Molto gentile da parte tua" gli risposi nervosamente lanciandogli un'occhiataccia e mettendomi gli occhiali.

Il momento magico di pochi minuti prima era già storia, eravamo tornati due estranei.

Camminammo finché nella zona centrale della città non trovai un bar non troppo affollato e mi infilai nel bagno. Uriel decise di aspettarmi fuori.

Facendo attenzione a non farmi notare da nessuno, entrai nella toilette per donne. C'erano due signore che quando aprii la porta mi guardarono sconcertate. Mi infilai nel bagnetto fin quando non sentii che erano uscite. Girai lentamente la manopola del mio bagno e mi ritrovai davanti tre enormi specchi. Il bagno era rivestito da vecchie mattonelle di un bianco sporco, in generale un po' tutto l'ambiente non era troppo pulito. Alcuni tubi sul soffitto gocciolavano e per terra c'erano chiazze di bagnato qua e là.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora