Cap. XXIX

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Non parlammo per tutto il tragitto che separava il vecchio bar, nel quale avevo scritto la coraggiosa frase sul muro, dal London Eye.

"Non è proprio la cosa più onesta che potessimo fare... ma una promessa è una promessa" mi disse Uriel mostrandomi un sorriso pericolosamente divertito.

Mi porse la mano. La fissai un attimo poi spostai il mio sguardo alla ruota panoramica. Avevo capito cosa gli era venuto in mente: non avevamo soldi per pagare il giro sull'attrazione e Uriel voleva teletrasportarci in una cabina vuota.

Strano, fino ad ora si era ostinato a fare la parte dell'arcangelo rispettoso e ubbidiente. Evidentemente la mia espressione doveva lasciar trasparire tutta la mia incertezza.

Lui fece spallucce, ritirando la mano che mi aveva porto pochi secondi prima.

Alzò gli occhi fino alla punta più estrema della ruota panoramica.

"Hai intenzione di starla a guardare aspettando che due banconote da venti sterline ci piombino miracolosamente dal cielo? Sono io il tuo miglior miracolo per il momento" mi disse allargando le braccia come per mostrarmi se stesso.

'Sono io il tuo miglior miracolo' già... Uriel era davvero il mio miglior miracolo, di sempre.

"Paura Hannah?"

"Di cosa?" gli risposi innervosita da quella domanda impertinente.

"Allora dammi la mano" mi disse porgendomi nuovamente la mano.

Che stesse cambiando qualcosa... in lui e in me (?)

Gli presi la mano e in una frazione di secondo i colori si mescolarono e vorticarono intorno a noi. Quando riaprii gli occhi eravamo nella spaziosa cabina vuota del London Eye. L'emozione fu immensa, lasciai la mano di Uriel per precipitarmi al vetro, togliendomi gli occhiali da sole per ammirare meglio il mondo sotto di noi che si faceva sempre più piccolo e insignificante. Il panorama era mozzafiato. I palazzi si ergevano come fiori su un prato, attorniati da distese infinite di verde e irrigati dall'acqua increspata del Tamigi. Uriel mi raggiunse guardando anch'egli quella distesa di costruzioni e prati che macchiavano quel paesaggio artificiale.

Il mio cuore batteva forte e per un momento mi sentii felice. Chiusi gli occhi per assorbire ogni singola particella di quella preziosa immensità. Ma tutto andò in frantumi quando riaprii gli occhi. Il mio riflesso sul vetro mi spiazzò. I miei occhi iniettati di sangue iniziarono a sentirsi spaesati in tutta quella perfezione: io non ne facevo parte, non facevo parte di quel mondo. Non ne potevo più essere integrata. Non se avevo l'aspetto di un mostro e i poteri di un'assassina. Immediatamente sentii in me crescere la voglia di trovare e uccidere colui o colei che mi aveva maledetta, avevo bisogno di riprendermi la mia vita, non mi meritavo ciò che il destino aveva in serbo per me.

Sentii qualcosa scricchiolare, come un vetro che stava iniziando a spaccarsi per poi infrangersi del tutto. Sotto la mano che avevo poggiato sul vetro della cabina una crepa, di qualche centimetro, si era diramata incontrollata. Mi scostai dal vetro nervosamente, gestire i miei poteri stava diventando un'impresa sempre più ardua.

"Ehi, ehi, ehi rilassati. Dipende tutto dalle tue emozioni, devi riuscire a controllarle" mi disse Uriel spostando lo sguardo dalla crepa al mio viso in preda al panico.

"Avranno tutti paura di me, non appena scopriranno che razza di mostro sono" dissi strofinandomi le mani sulle braccia come per riscaldarmi, col tempo mi sarei rassegnata all'idea, per il momento era meglio se fossi rimasta lontana dalle persone a cui volevo bene, ero una minaccia per tutti.

Mi sedetti sulle poltroncine ai lati della cabina, poggiai i gomiti sulle ginocchia e poi mi misi la testa fra le mani, tentando di cancellare tutti i pensieri negativi che si affollavano nella mente.

"Io non ho paura di te" sussurrò lui accovacciandosi davanti a me, affinché i nostri visi fossero alla stessa altezza.

Il cuore mi batteva più forte di quando avevo visto il panorama mozzafiato.

"Bene... restano da convincere gli altri sette miliardi di persone nel mondo" feci una breve pausa, non ero sicura di voler fare trasparire appieno le mie emozioni ma sapevo che erano proprio le emozioni più forti a tradirmi. "E poi... tu non resterai per sempre... e io sarò sola... non so quanto resisterò. Non che non possa farcela! Io ci proverò! Ma non sarà lo stesso..." farfugliai imbarazzata.

Non avrei mai ammesso ciò che in realtà provavo, non lo avrei MAI nemmeno ammesso a me stessa.

Lui mi sorrise in modo rincuorante e io apprezzai immensamente quel gesto.

"Beh se parli della distanza... posso proteggerti anche dal cielo, anzi sarà più semplice, starai bene vedrai" mi rassicurò lui.

Ma non era solo la sua protezione che avevo paura di perdere, una volta che lui se ne fosse andato.

Alzai la testa dalle mani e ci fissammo negli occhi, immersi ognuno nell'immensità dell'altro sguardo.

"La distanza può diventare un vuoto incolmabile... non voglio restare da sola Uriel" sospirai infine abbassando il mio sguardo sulle mani sudate.

"Ma tu non sei sola, piccolo mostro. Ci sono qui io con te" mi stuzzicò lui arruffandomi i capelli.

Conoscevo quel gesto, era un gesto che aveva fatto per evitare che la situazione diventasse troppo personale per entrambi.

"Molto divertente" dissi scostandomi, facendo roteare gli occhi scocciata e appoggiando la schiena allo schienale.

Guardai il cielo grigio fuori dalla cabina e poi guardai i palazzi sotto di esso. Il mio mondo e quello di Uriel erano troppo diversi e separati da un'impercettibile linea che si sarebbe interposta sempre e comunque tra noi.

"Vedi di non abbandonarmi, per il momento... dato che sei l'unico essere vivente, consapevole di quello che sto diventando, a voler mantenere una distanza così minima da me" gli dissi infine incrociando nuovamente il suo sguardo penetrante, che invece non si era mai distolto da me.

"Nessun problema, piccolo mostro. Rimarrò finché non avrai più bisogno di me... promesso" mi rispose lui sussurrando quell'ultima parola come fosse il sigillo di tutta la frase.

Mi avvicinai nuovamente a lui e lo spintonai all'indietro, lui perse l'equilibrio instabile al quale si era affidato e cadde sul pavimento.

Io gli sorrisi divertita, poi aggiunsi: "Se mi chiami di nuovo mostro, ti scaravento giù dalla ruota prima ancora che tu possa rendertene conto"

"Mi piace il modo con il quale ringrazi la gente. E' piuttosto... singolare" mi disse ridendo.

The Accursed- Life After LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora