CAP. 26: SÌ

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Il portale si richiuse alle sue spalle. Daniel era ancora focalizzato sulla mano di Verity che gli stringeva il braccio, la preoccupazione nei suoi bellissimi occhi verdi.

Scosse la testa per tornare alla realtà; pensare a Verity l'avrebbe solamente distratto.

Si guardò intorno, il falò scoppiettava ai piedi di una statua. Daniel si avvicinò per osservarla meglio e si accorse che era identica, seppur molto più grande, alla statua del coraggio che aveva già visto nella stanza sacra.

Rappresentava un uomo e una donna che stringevano la mano con forza, quasi stessero giocando a braccio di ferro, le fiamme del falò lambivano i loro gomiti. I due si guardavano negli occhi con determinazione. Tutto di quella statua rendeva l'idea della forza, del coraggio. La donna aveva i capelli rasati su un lato e le treccine dall'altro, l'uomo un taglio militare, con un tatuaggio Shén sull'avambraccio destro. Entrambi avevano le uniformi rosse, ma non sembravano ridicole addosso a loro.

«Sei Daniel?»

Una voce lo fece sobbalzare, cogliendolo nel mezzo delle riflessioni.

«Stai tranquillo, sono qui dal Palazzo, sono la tua guardia»

Un uomo, colui che aveva parlato, gli porse la mano. Era alto, scuro di carnagione e indossava la stessa uniforme che avevano usato loro quattro per salvare la famiglia dei Light.

Daniel ripensò a quanto era sconvolta Verity quel giorno, tremava per la disperazione e non era riuscita ad essere forte. Lui la conosceva bene, se c'era qualcosa che poteva farla crollare, quello era vedere coloro a cui teneva che soffrivano.

Stava di nuovo pensando a Verity. Quella ragazza gli invadeva i pensieri da quasi ventidue anni...

Sono in missione. Sono un dio. Rappresento, o meglio, incarno il coraggio... è una follia!

Pensò guardando l'uomo che aspettava ancora un saluto. Non stava facendo una gran bella figura, così strinse il più forte possibile la mano tesa dell'altro, come a voler dimostrare che anche lui era un uomo da temere.

«Io sono Phil» si presentò l'altro.

«Sai già che sono Daniel» rispose lui.

Sorridere per far capire che era contento di averlo conosciuto, o tenere lo sguardo fermo? Scelse una via di mezzo e gli uscì una specie di smorfia.

Verity l'avrebbe sicuramente deriso.

Non era molto sicuro di sé, sapeva di essere forte, ma non voleva fare il prepotente, sapeva di essere gentile, ma non voleva passare per un debole. Era sempre stato un problema il suo primo incontro con gli altri, perché l'opinione delle persone era importante per lui.

Quando era con Verity invece cambiava tutto: l'importante era stare con lei, che lei fosse felice, che lei lo apprezzasse. Pochissime volte si era davvero arrabbiato con la sua amica, ma era anche sempre stata lei a chiedere scusa, un privilegio quasi, dato che lei non chiedeva mai scusa.

Quante volte hai pensato a lei negli ultimi secondi? Decisamente troppe.

«Hai delle indicazioni?» chiese Phil col suo vocione.

«So solo che devo aiutare il popolo di... Questo pianeta a credere di nuovo» disse vago.

Perché era stato mandato lì, con quell'uniforme ridicola, era un mistero anche per lui.

«Ci troviamo sul pianeta Sì, il quarto che ruota attorno a Wŭ» spiegò l'uomo.

«C'è qualcosa in particolare che devo sapere sugli abitanti di qui?» chiese preparandosi.

Shén~L'AlleanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora