7- La Verità.

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«La storia è testimone
dei tempi, luce della
verità, via della memoria,
maestra della vita, nunzia dell'antichità»
-Cicerone.

Elisabeth non capì il significato di quel «bentornata a casa», ma allo stesso tempo non voleva scoprirlo. I suoi occhi vagavano per l'ampia sala d'ingresso, catturando ogni singola decorazione presente. Degli archi la dividevano da un'altra sala, il pavimento era in ceramica scura, le tende erano candide e ricadevano delicate sul pavimento, lasciando intravedere il giardino, le pareti erano colme di quadri ritraenti paesaggi, altri vasi e altri ancora delle donne eleganti, con i capelli raccolti in una lunga treccia, abiti maestosi e visi delicati.

Il suo sguardo fluttuò al centro della sala, dove erano presenti diversi divani candidi e imbottiti e un tavolino in vetro ovale che poggiava sulla mano di un angelo, il quale aveva dei piccoli ricci che gli ricadevano sul viso da bambino, lo sguardo perso nel vuoto.

-E' stupendo,- sospirò, voltandosi per notare altri quadri di paesaggi e fiori alle sue spalle, un vaso colmo di rose accanto ad un libreria in legno antico e scuro che occupava la parete, colorandola con copertine provate dal tempo e dall'umidità.

Sentì i suoi passi farsi sempre più vicini, -Sapevo che ti sarebbe piaciuto,- percepì le sue parole come un sussurro, quando si girò lo aveva accanto. Il suo cuore si fermò solo per un istante, i loro petti si sfioravano e la sua gamba cercava di sfiorare le sue, facendole prendere un grande respiro. Aprì la bocca ma la richiuse subito dopo: cosa avrebbe dovuto dire?

-Vieni, ti mostro la sala degli incontri. Tua zia e Malcom ti stanno aspettando da un po',- il suo alito fresco le solleticò la pelle e poi le voltò le spalle con un movimento fluido prima di oltrepassare l'arco; Liz lo seguì, ma solo dopo aver dato un'ultima occhiata alla sala.

-Ma perché non ho mai notato questo palazzo in anni che vivo qui? Eppure non mi sembra un palazzo che passi facilmente inosservato..- disse Elisabeth con un sussulto quando vide la stanza verso la quale Ian si stava avvicinando. La luce proveniente da lì era quasi accecante, nonostante non fosse chiara.

-Perché questa città è popolata da persone frettolose, che osservano il mondo con uno sguardo assente, non permettendo alla loro mente di realizzare quante opere caratterizzino questo universo,- lui si girò e alzò un angolo della labbra come se fosse un sorriso, -tua zia ti sta aspettando dentro con Malcom, io non posso entrare. Buona fortuna.

Liz fissò la stanza per qualche istante, poi spostò lo sguardo sul ragazzo. Ian le indicò la stanza con una leggera inclinazione del capo, incoraggiandola a fare un passo in avanti.

Guardò il pavimento, espirando fortemente e facendo un passo fino ad oltrepassare l'arco in ferro mentre la cassa toracica le doleva e le vene pizzicavano sotto la sua pelle pallida.

Alzò lo sguardo e la prima persona che vide fu la zia.

Lei era seduta lungo il tavolo in vetro con delle decorazioni color dorato, i suoi occhi erano lucidi e il verde abituale era invaso dal rosso, sembrava imbarazzata quando i loro sguardi si incontrarono.

-Elisabeth Richardson, il mio nome è Malcom Lewis, felice di incontrarti di persona.

E' lui Malcom, lui mi dirà la verità, pensò Elisabeth, guardando l'uomo, il quale si era alzato dalla sedia e la stava guardando con un gran sorriso. Non poteva avere più di quarant'anni, pensò Liz, ricambiando il sorriso con le mani strette in un pugno l'una nell'altra.

Sapeva che non potesse farsi prendere dall'ansia.

Malcom le indicò la sedia accanto a lui, difronte a sua zia, invitandola a sedersi. Elisabeth si avvicinò cercando di non fare rumore con le suole delle sue scarpe e si sedette alla sedia, mantenendo la schiena dritta senza poggiarsi, troppo tesa per farlo. Guardò sua zia ma questa abbassò subito lo sguardo, tamponandosi le guance, alzando il suo diaframma per poi rallentare la sua discesa, come se volesse calmarsi.

Milites ×Find Yourself× {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora