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I muscoli di Liz si rilassarono quando Ian le poggiò una mano sulla spalla, come per incoraggiarla. Il cancello si aprì, seguito da un rumore metallico, come lo squillo di un cellulare. Quando lei si voltò verso il ragazzo, lui alzò un angolo della labbra e, anche se sapesse che lui non avrebbe potuto aiutarla con sua zia, quel sorriso le diede la sicurezza giusta per premere una mano sul cancello, spalancandolo e permettendo il loro ingresso nel giardino. Rosalynn sembrava pietrificata, i piedi saldamente premuti contro il viale, le labbra dischiuse e le mani strette in petto.
Fu Liz ad andarle in contro e, con un nodo in gola, sussurrò: —Ciao,— esitò un momento prima di pronunciare quelle tre lettere che fecero salire i brividi lungo le braccia e la schiena della donna, —zia.
La donna spostò le mani, mettendole a coppa sul suo stesso viso, gli occhi che diventavano lucidi. Restò ferma pochi secondi, il tempo di contemplare quel momento, per poi allungare le braccia fino a circondare il collo della ragazza e stringerla in quello abbraccio che Liz tanto necessitava.
Elisabeth non si mosse, gli occhi che le diventavano lucidi e il nodo in gola che iniziava a pesarle, poi alzò le braccia dai suoi fianchi e strinse il corpo minuto della donna, lasciando le lacrime scivolare sul suo viso per la seconda volta in quel giorno.
Ian, che in quel momento non poteva far a meno di sentirsi di troppo, si allontanò dalle due fino ad arrivare al dondolo attorno al quale si estendevano delle piante con i fiori colorati e delle rose. Lì loro si erano incontrati quel giorno che lui la portò all'istituto, facendole scoprire la verità; il libro che stava leggendo quel giorno era ancora sul dondolo, la matita tra le pagine come lei stessa l'aveva lasciata giorni prima: era come se la zia non avesse voluto toccare nulla nella speranza che un giorno lei tornasse e che pensasse di non essersene mai andata.
—Scusami, tesoro, scusami...— sussurrò Rosalynn tra i singhiozzi, stringendo maggiormente la nipote tra le braccia tanto forte che Liz temette di trovare la tuta rotta nonostante il suo tessuto doppio ed elastico.
Elisabeth non era quel tipo di persona che chiamava gli altri con nomi simili a quello che aveva abbandonato affannosamente le labbra della zia e Ian se ne accorse dalla piccola smorfia che assunse il suo viso ma lei non allontanò la zia, la strinse.
—Scusami tu. Io non avevo capito bene le tue intenzioni, io ho reagito d'istinto...
La zia la bloccò, allontanando il corpo dal suo ma sempre stringendo le mani sulle sue spalle; lei aveva le guance rosse e gli occhi con una forte sfumatura scarlatta.
—Va tutto bene, entriamo.
Elisabeth annuì, mettendo le mani sulle sue e sorridendo. Ian la guardò sorridere e lui fece lo stesso. Quando Rosalynn si girò per guardarlo, lui abbassò lo sguardo, imbarazzato.
—Prego,— disse la donna, allungando una mano verso Ian, invitandolo ad entrare con loro e lui si mosse lentamente, anche se, con lunghi passi, arrivò dietro le donne ed entrò dopo di loro.
Una volta oltrepassato lo stipite della porta, Liz si allontanò dalla zia giusto di qualche centimetro, avvicinandosi a Ian e la donna chiuse la porta con diverse mandate pesanti. Ian poggiò istintivamente una mano sul suo ikron e Rosalynn lo notò, tanto che portò velocemente lo sguardo su di lui.
—Nessuno aveva più portato un ikron in questa casa dalla morte di mia sorella.
Liz, che conosceva bene sua zia, riuscì a percepire un pizzico
di nostalgia e dolore nella sua voce, cosa che cercò di non far molto notare.
—Se vuole posso metterlo nella tasca più profonda...— disse Ian, dispiaciuto per l'espressione della donna.
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Milites ×Find Yourself× {IN REVISIONE}
Fantasy🐦: @fireinthesoulx «Aveva la costante sensazione di sentirsi terribilmente estranea dal mondo che la circondava; "È un periodo dell'adolescenza, è normale che tu abbia questo presentimento.", le dissero. Non era un presentimento.» Cresciuta...