2 - Quel Simbolo?

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Le strade erano ampie e riccamente decorate in onore di una ricorrenza chiamata 'festa delle lucerne'. Era una festa comune in quella piccola città e anche molto attesa. Sua zia aveva fatto il suo nome perché sapeva quanto amasse quella settimana di gioia.

-Elisabeth, potresti prendermi quello scatolone?

Liz faceva parte dell'organizzazione ma lei svolgeva più il ruolo di aiutante: era l'addetta al trasporto degli scatoloni contenenti le decorazioni, l'addetta alle bottigliette d'acqua, al telefono, alla manutenzione e altro ma non aveva voce nella sistemazione delle decorazioni e delle luci.

-Certo!- disse con tono quasi scocciato. Con la fronte grondante di sudore prese una scatola dal tavolo di lavoro , fece qualche passo ma la scatola era tanto pesante e tanto grande da rendere il tutto più difficile.

-Sbrigati, non abbiamo tutto il giorno!- disse l'uomo, agitando un cacciavite con una mano e reggendosi con l'altra all'impalcatura molto resistente, troppo, pensò Liz, per causare una caduta accidentale.

-Dai qui, ti aiuto io.

Liz sentì il peso della scatola diminuire e quando si sporse a destra per poi sorridere sollevata. Camminarono in modo veloce fino a posare lo scatolone ai piedi dell'impalcatura.

La ragazza si strofinò le mani tra loro, togliendo la polvere che era presente sullo scatolone, guardando il suo amico, Matt Freelaw

-Dov'eri finito?- chiese, entusiasta di vedere qualcuno in grado di aiutarla -Ti ho chiamato almeno venti volte- disse con enfasi.

-Mi sono svegliato tardi- disse spostando alcune corde da una sedia per sedersi. Elisabeth si sedette accanto a lui.

-Io mi chiedo ancora perché io partecipi a quest'organizzazione- disse, spostandosi una ciocca riccia con le mani piene di polvere, accorgendosene solo dopo, ma non si preoccupò molto di quello: sapeva che, una volta rientrata a casa, si sarebbe affrettata nel box doccia.

-Perché ci sono anch'io?- chiese il ragazzo, alzando un sopracciglio.

Elisabeth guardò l'amico, sorridendo e scuotendo la testa lentamente, facendolo imbronciare.

-Quando mia zia ha firmato il contratto, pensava che io dovessi consigliare dove mettere le cose e non correre come una pazza per il cantiere portando scatoloni più alti di me- borbottò, prendendo il cellulare dalla borsa per controllare l'orario. Erano le undici e venti e il suo turno finiva alle dodici e mezza.

Dopo diversi scatoloni e bottigliette d'acqua da trasportare, le lancette dell'orologio si spostarono fino a puntare le ore dodici e venti minuti. 

-Questa tortura è finita, è finita!- urlò Elisabeth, prendendo il suo thermos di caffè, ormai vuoto, dal tavolo da lavoro e firmando velocemente accanto al suo nome per segnalare il suo abbandono al cantiere di lavoro.

-Non pensi che dovremmo aspettare l'orario esatto?- chiese nervosamente il ragazzo, prendendo il suo zaino impolverato dalla sedia.

-Non ci faranno una multa per sette minuti, poi non sta lavorando più nessuno. Rilassati- disse, muovendo le mani verso il basso con l'intento di spingere l'amico a rilassarsi.

Mentre gesticolava, camminava all'indietro, sorridendo, fin quando non inciampò su un cavo elettrico. Elisabeth aveva chiuso gli occhi, preparandosi a toccare il pavimento, ma si sentì una presa ferrea alla vita, abbassò lo sguardo e vide due braccia tenerla saldamente.

Recuperò l'equilibrio e sentì la presa allentarsi sempre di più fino a risultare quasi inesistente.

I suoi occhi si soffermarono su un tatuaggio sul braccio destro.

Milites ×Find Yourself× {IN REVISIONE}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora