Elijah sospirò e Rebecca si sedette sul letto, mettendo una mano su quella di Elisabeth che era rimasta immobile. Non doveva sentirsi sorpresa – si aspettava la reazione di Ian –, ma sentiva un qualcosa premerle sul petto.
—Mi scusi, potrebbe togliermi le flebo? Mi sento molto meglio,— chiese Elisabeth, rivolgendosi gentilmente all'infermiera nella speranza di raggiungere il suo obbiettivo; il mal di testa si era diluito nel mare dei pensieri e i suoi muscoli e le sue ossa non le dolevano maggiormente, trovando, con ciò, non necessario che lei continuasse a ricevere delle sostanze sconosciute nel suo organismo.
—Signorina, ne è sicura? Ha riportato dei danni non indifferenti,— disse, piegandosi su un carrello lì presente per prendere dei cerotti.
—Sì signora, non si preoccupi,— il viso di Elisabeth si modellò in un'espressione rassicurante che portò la donna ad avvicinarsi a lei e a maneggiare le flebo prima di sfilarle l'ago dalla pelle sottile e porre dei cerotti sulle mani per delle leggere perdite di sangue.
—La ringrazio,— disse con un sorriso sul viso, sorriso che venne velocemente ricambiato prima che la donna conducesse le due flebo nella stanza con il suo letto.
Liz fece un passo in avanti, ricordando la presenza di Ian al suo fianco quando lei non sapeva cosa le stesse succedendo; il quel momento sentiva il dovere di stargli accanto, ma Elijah la bloccò con un braccio attorno alla vita.
Liz guardò prima il suo braccio, poi puntò i suoi occhi verdi sul suo viso. Il pentimento balenava dai suoi occhi chiari e lucidi.
—Lascialo solo per qualche minuto.
Elisabeth si spostò, allontanandosi da Elijah che aveva abbassato il braccio, facendolo cadere sulla sua coscia. —Scusami Elijah, ma no, non lo farò.
La luce che trapassava dalla finestra si rifletteva sulla lama affilata della spada.
La lama aveva delle irregolarità verso il punto dove questa era collegata all'impugnatura per mezzo di una parentesi graffa di lato con una gemma rossa al centro che brillava quando veniva colpita da un raggio di luce. La mano si muoveva veloce, tanto da non permettere la visione della lama che distruggeva l'aria.
L'impugnatura scivolò dalle dita di Ian, che si sedette sul pavimento con la schiena contro la parete fredda e vuota. Le dita di Ian strinsero la sua testa, poi attirò le gambe al petto, mise le braccia incrociate sulle ginocchia e la fronte sulle mani.
Tutto stava scoppiando in quel momento, tutto gli stava sfuggendo dalle mani come l'acqua scivola fra le dita e lui stesso non sapeva cosa fare, come reagire in modo adeguato alla situazione.
— "pugna ad propositum".
Ian non alzò lo sguardo dalla lama della spada che giaceva a terra, il petto si alzò ed abbassò più velocemente al suono di quella voce.
Nonostante non avesse alzato lo sguardo dalla lama, era del tutto a conoscenza della presenza di Malcom all'entrata dell'armeria dell'istituto.
Aveva appena citato una regola del comandamento che doveva essere costantemente preso in considerazione dai Milites e che gli alfa Milites dovevano costantemente ricordare ai beta della loro parte di esercito.
—Non sei degno di citare il comandamento Miles,— sussurrò Ian, solo schiudendo le labbra. Voleva mostrare una certa sicurezza, una stabilità, ma non poté fermare il suo labbro inferiore quando iniziò a tremare, anche se di poco.
—E tu, Ian? Tu saresti degno di citare il comandamento quando hai messo in pericolo la tua vita e quella di una tua compagna di squadra?— il tono di voce dell'uomo si alzò di poco, ma le sue gote divennero rosse per l'ira.
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Milites ×Find Yourself× {IN REVISIONE}
Fantasy🐦: @fireinthesoulx «Aveva la costante sensazione di sentirsi terribilmente estranea dal mondo che la circondava; "È un periodo dell'adolescenza, è normale che tu abbia questo presentimento.", le dissero. Non era un presentimento.» Cresciuta...