Capitolo IX - In trappola

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"Ricorda, quando hai paura, tutto quello che devi fare è guardare dentro di te. Siamo più coraggiosi di quello che pensiamo, se guardiamo abbastanza a fondo."
(Once Upon A Time)

Si udì un gemito sommesso, allo stesso tempo di dolore e disapprovazione. Le due sagome si avvicinavano, ora era chiaro che una teneva l'altra per un braccio, strattonandola bruscamente.

Draco si rintanò nell'ombra, facendo del buio la sua corazza e del silenzio il suo più fedele alleato. Il respiro gli si fece pesante, la paura s'impadronì di lui e la voglia di scappare era irrefrenabile, seguiva quasi lo sguardo del ragazzo, fisso sul cancelletto socchiuso.

Ormai non aveva nulla da perdere, stava quasi per fare un tentativo, quando una delle due persone appena entrate spinse bruscamente l'altra per terra, dove questa si rannicchiò come un cucciolo indifeso. Poi, Grayblack si volse verso Draco, come se potesse vederlo anche attraverso l'oscurità; gli fece un cenno del capo, un sorriso canzonatorio che trasudava disprezzo puro. Infine, si voltò ed uscì da quella stanza buia e fredda che ormai era a tutti gli effetti una prigione.

Draco rilassò i pugni, che aveva stretto fino a quel momento, e si permise di sospirare. Posò lo sguardo sul corpo riverso a terra, in lontananza: la stanza era molto grande e spoglia, oltre che buia, e lui non riusciva a capire di chi si trattasse. Con cautela, mosse qualche passo in avanti; fino a che un nuovo gemito non lo fece sobbalzare.

Un altro passo ancora e la luce che proveniva dal cancelletto fu abbastanza da permettere a Draco di distinguere un groviglio di ricci castani sparsi sulla pietra umida, mentre l'intero il corpo di Hermione sembrava inerme.

Restò per un attimo immobile, incapace di fare qualsiasi cosa. Poi, all'improvviso, spinto da qualcosa di indefinito, corse verso di lei e le si inginocchiò davanti.

-Granger?- sussurrò, pregando Merlino e tutti fondatori che la grifondoro emettesse anche solo un altro gemito, pur di fargli sapere che era ancora viva.

-Granger!- ripeté allarmato, prendendola tra le braccia ed iniziando a scuoterla bruscamente -Granger, dannazione, svegliati!- sbraitò, questa volta la sua voce era incrinata e gli occhi lucidi.

Era convinto che lei fosse fuggita, che lo avesse ascoltato e si fosse smaterializzata al sicuro.

Perché è ancora qui?

Le prese il polso, intenzionato a sentire se il cuore le batteva ancora, ma si ritrovò le mani ricoperte di sangue. Quello stesso sangue che lui per anni aveva denigrato, disprezzato e considerato impuro quanto indegno. Lo stesso sangue che ora la mezzosangue stava versando a causa sua.

Prese a tremare, mentre i suoi movimenti si facevano convulsi. Posò la testa della Granger sulle sue gambe, delicatamente, poi si strappò un pezzo dei pantaloni per fasciarle il polso. Strinse forte, per fermare l'emorragia, ma le mani ed il cuore continuavano a tremare senza che lui potesse in alcun modo fermarli.

Le domande si accavallavano nella sua mente, ma lui tentava disperatamente di scacciarle. Aveva paura delle eventuali risposte, semplicemente, aveva paura. E, questo lo sconvolse, temeva per loro. Non solo per lui, ma anche per la mezzosangue. Inizialmente, dette la colpa al senso di responsabilità che provava per essere stato lui a metterla in quella situazione.

La trascinò nell'angolo buio dove si era rintanato prima, si sedette con le spalle al muro e poggiò il corpo inerme della Granger su di lui.

Lo fece per tanti motivi diversi.

Aveva freddo.
Aveva paura.
Era solo.
Aveva bisogno di lei.

***

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