Capitolo XXIV - Il libro Luna

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"Mai, mai dimenticare chi sei, perché di certo il mondo non lo dimenticherà. Trasforma chi sei nella tua forza, così non potrà mai essere la tua debolezza. Fanne un'armatura, e non potra mai essere usata contro di te."
(George R.R Martin)

Il sole entrava nella stanza filtrato dalle tende azzurro opaco, creando così raggi di luce color dell'alba sulle pareti. Doveva essere una bella giornata, di quelle in cui il sole splende luminoso tutto il giorno, stormi e rondini cantano felici, svolazzando sopra paesi e foreste. Ma, per me, che con tutto questo non c'entro un bel niente, era una giornata come tutte le altre. Dove vengo messa da parte, dimenticata come si fa con le cose che non splendono, con quelle silenziose che non amano troppo mettersi in mostra. Perché ormai si fermano tutti alle apparenze. O, come mi piace sperare, quasi tutti. Se stai leggendo questa storia, con un titolo magari banale, è perché sei anche tu in quel "quasi", una parola che salverà il mondo.

Ho scelto questa storia fra tante altre proprio per questo, per quello che insegna. Quei messaggi celati, come un cuore di ghiaccio che si scioglie ed un abbraccio che cancella il dolore e la paura di una vita intera. Perché passato è solo una parola, presente e futuro ne sono due.

Ma procediamo con calma, in modo che possiate capire ogni passaggio di questa straordinaria trasformazione. Avevamo detto, che l'egocentrico sole filtrava attraverso la tenda; fino ad accarezzare avido il volto rosato della giovane donna dai capelli ricci.

Hermione aprì gli occhi, strizzandoli per bene, facendo un attimo mente locale per rendersi bene conto di dove si trovasse e di come fosse finita lì. Ormai, dall'inizio della guerra in poi, la sua vita era stata tutta un andare sulle montagne russe. Ogni mattina si svegliava ringraziando di essere ancora viva, ogni sera dormiva con un occhio aperto; ed ora, nonostante la guerra fosse finita, continuava a non credere alla pace.

Ma, per fortuna, sembrava sana e salva anche quella mattina.

Stranamente, aveva dormito bene. Nessun incubo aveva turbato il suo sonno tranquillo ed aveva recuperato un paio di ore di riposo, che agognava da giorni. Inoltre, quella casa sembrava davvero accogliente e le era venuto naturale rilassarsi ed abbandonarsi fiduciosa tra le braccia di Morfeo. Neanche la presenza di Malfoy nella sua stessa stanza era riuscita a turbarla, ormai si era abituata anche alla stretta vicinanza con il serpeverde.

Si alzò, stiracchiandosi per bene, e fece per avviarsi in bagno. Ma, proprio in quel momento, il suo sguardo fu catturato da un piccolo bagliore che sembrava provenire dai piedi del letto, sul pavimento, proprio dove dormiva Malfoy. Si morse a sangue il labbro inferiore, ma, alla fine, non poté impedirsi di sbirciare oltre lo spesso piede del letto a baldacchino. Sulle punte dei piedi, come una bambina in procinto di rubare un dolcetto, fece il giro della stanza, fino a quando non ebbe chiara davanti ai suoi occhi la visione di Draco Malfoy, così come non l'avrebbe mai immaginata.

Era bello quando dormiva.

Che sciocchezza: lui era bello sempre, era solo che in quel momento le era permesso di osservarlo sinceramente, senza che lui indossasse stupide maschere solo per nascondersi.

La luce del mattino faceva brillare i suoi capelli biondissimi, li rendeva quasi dorati come fili di grano scompigliati. Se ne stava girato su un lato, coperto fino al collo e rannicchiato in posizione fetale. Le avevano sempre fatto tenerezza, le persone che dormivano in quella posizione, come se si chiudessero in se stesse pur di non subire le crudeltà del mondo. E Malfoy ci stava proprio in un ritratto del genere, anche se si sarebbe fatto torturare pur di non ammetterlo.

Sorrise, Hermione.
Perché viene sempre un po' da sorridere davanti alle cose belle, semplici e meravigliose da mozzare il fiato.

Il sorriso si trasformò in una smorfia strana quando Hermione notò l'espressione corrucciata di Malfoy, le sopracciglia leggermente aggrottate e le palpebre strette con forza. Le labbra si muovevano ogni tanto, ma per la maggior parte del tempo le teneva serrate in un modo che faceva intuire quanto stesse stringendo i denti. Hermione seguì con gli occhi tutta la sua figura, scorgendo il braccio che spuntava fuori dalla coperta: quello destro. Le si strinse il cuore nel vedere la bacchetta che il ragazzo teneva in mano, anche nel sonno, stretta, pronta per quello da cui, inevitabilmente, aveva imparato di doversi difendere.

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