Capitolo XXVIII - Visite

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"Tu riuscivi a trovare la bellezza anche nei fiori appassiti, li raccoglievi e li attaccavi sul tuo diario come per commemorare la loro breve esistenza."
(I fiori appassiti, Joy Musaj)

Lei aveva i capelli biondi, elegantemente raccolti in un'impeccabile e rigidissima crocca dietro la testa. Portava un vestito blu, di quelli che indossano gli esponenti più eleganti del Ministero della Magia. I tacchi vertiginosi, ed in particolare la sua postura da gran regina, entravano in contrasto con i singulti della sua gola ed i sussulti della schiena. L'aveva intravista ad Hogwarts, qualche volta. Ma anche semplicemente di spalle era riconoscibile come la donna che, spiaccicata sul giornale, aveva dato inizio ad una catena infinita di nuovi problemi. La felicità aveva accarezzato le loro vite in un soffio, una brezza leggera che va via con la stessa rapidità con cui è arrivata. È questo il bello della vita, inseguirla.

Ed Harry, oh, Harry... lui era il solito. In piedi, di fronte a lei, la sosteneva e cercava di calmarla con dolcezza.

La stava abbracciando.

Di quegli abbracci che ci rimarresti in eterno, mentre ti chiedi se le parole "braccia" e "casa" in realtà non siano sinonimi. Ed i loro volti erano sereni, anche se bagnati, concordando entrambi in un'armonia singolare, leggera. Stonavano con tutto quello che li circondava, ma erano perfetti l'uno per l'altra.

E, quando Ginny se ne accorse, lo stomaco le si contorse di un sentimento strano. Non era triste, distrutta, frastornata. Era semplicemente, trementamente, paurosamente incazzata nera.

Con se stessa, perché non riusciva a provare più niente per l'unico ragazzo che avesse mai amato. Con lui, perché era talmente puro e genuino da farla sentire sporca al suo fianco, una fan che riesce a sposare il suo eroe. Ed in quel momento, vedendolo stringere un'altra, una donna che lei reputava il nemico, aveva visto il mondo intero capovolgersi e le era parso di restare appesa a testa in giù, confusa, l'unica ad essersi resa conto di quello che stesse effettivamente accadendo.

Ma più di tutti, sopra chiunque altro, era arrabbita con Blaise. Perché lei aveva impiegato anni su anni ad imparare come comportarsi, a nascondere tutte le sue emozioni e fingere di essere sempre la più forte. Aveva finto di essere superficiale, divertente, giocherellona, principessa delle favole. Aveva finto che andasse tutto bene, di essere ancora innamorara del suo fidanzato solo perché era giusto che le cose andassero così. Solo perché, se gli avesse spezzato il cuore, anche il suo si sarebbe frantumato. E Blaise, lui le aveva sbattuto tutto in faccia. L'aveva spogliata di ogni barriera, protezione, barricata. Disarmato, aveva fatto a pezzi il suo cuore con poche parole, senza neanche arrivare a sfiorarlo. Lui le aveva detto esattamente quello che lei non avrebbe voluto sentirsi dire. Senza paura, con rabbia.

E, forse, l'amore è proprio questo. Abbattere. Barriere e difese. Costruire un ponte tra due cuori, licenziare tutti i soldati della razionalità e mandarli a disattivare il cervello. È perdere il senno, arrabbiarti con qualcuno semplicemente perché dimostra di conoscerti ed ammette le cose al tuo posto. E, soprattutto, l'amore gioca a nascondino.

Ginny si rese conto solo in quel momento di una cosa fondamentale. Aveva inseguito per unidici lunghi anni qualcosa che, una volta finalmente raggiunto, si rivelava non altro che sabbia inconsistente. Le scivolava dalle mani ancora, e riprendeva a correre.

Avrebbe dovuto inseguirlo?

Ci si stanca, dopo un po', a rincorrere le persone. Ti fermi, guardandoti intorno, e ti accorgi di esserti persa. E, proprio quando non sai come tornare indietro, arriva qualcuno che sappia ricondurti sulla strada del ritorno. Certo, la scelta è tua. Ma certe volte a rinunciare ci vuole il doppio del coraggio, la forza di ammettere che certe cose, semplicemente, sono irraggiungibili.

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