Capitolo XXXV - Sconfitta

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"Spesso è una grande vittoria saper perdere al momento giusto."
(François de Salignac)

Il sole scivolava lento, pronto a tuffarsi dietro le fitte chiome degli alberi di quella foresta intricata. L'umidità cominciava a scendere, le ombre dei tronchi ad incupirsi ed i cuori a battere al ritmo notturno dei sogni. Conosco quella melodia, un armonioso concerto di battiti impazziti. Di cuori che, finalmente, possono battere in un mondo dove tutto dipende da loro. Di gioia, paura o amore. Battiti illusori, ma ancora più forti di quelli della realtà. Io li sento. Mi nutro dei sogni degli esseri umani, li raccolgo e risistemo in un libro chiamato immaginazione e li nascondo ognuno su una stella diversa, per creare un mondo per ogni illusione. Mi sarebbe piaciuto raccogliere, quella notte, anche i sogni di Draco Malfoy. Poiché ultimamente, in un periodo della sua vita che avrei quasi definito felice, anche i suoi incubi si trasformavano in gioiosi sogni. Ma, quella notte, non ne ebbi la possibilità; poiché Draco Malfoy non dormì affatto.

Trattenne un gemito di dolore, strattonandosi, mentre ringhiava rabbioso in direzione del suo avversario. La testa cominciava a girargli, la vista ad annebbiarsi. E Weasley di certo non aiutava, considerato che anche in condizioni del tutto regolari gli avrebbe piacevolmente spaccato la faccia. Si era presentato lì, nel momento meno opportuno, e non lo aveva neanche lasciato parlare. Con lui c'erano tre Auror, uno dei quali era proprio l'idiota Paciock. Draco era rimasto sorpreso nel rivederlo, in divisa e dallo sguardo coraggioso. Aveva pensato, viste le pesanti occhiaie, che non dormisse da un po'. Poi, semplicemente aveva smesso di pensare. Gli avevano preso la bacchetta ed ogni sua resistenza era stata vana contro lo schiantesimo che gli avevano lanciato. Draco pensò che forse avrebbe dovuto raccontare a quei decerebrati quello che effettivamente era successo, invece di riempire ogni sua risposta con insulti poco piacevoli da udire. Insulti che, ci avrebbe scommesso la sua bacchetta perduta, indisponevano Lenticchia ancora di più.

Il medesimo pugno nello stomaco lo fece piegare in due dal dolore, mentre solo le mani di Weasley sulla sua camicia gli impedivano di cadere. Alzò fieramente il viso, fissando lo sguardo in quello del ragazzo che lo teneva fermo.

-Dimmi dov'è lei.- sibilò quest'ultimo, sbattendolo ancora più forte contro l'albero alle loro spalle.

Draco sentì distintamente la camicia strapparsi sulla spalla, mentre il dolore si propagava nella zona già dolente del collo. La testa girava sempre più veloce. E Weasley non la smetteva di fargli sempre la stessa, dannata domanda.

Non sapeva dove fosse Hermione.
Era sparita subito dopo la loro "discussione".

-Cosa le hai fatto?!- e, ancora, un pugno si abbatté sulla sua guancia destra, facendogli sanguinare lo zigomo.

-Ron...- la voce timida ed esitante di Neville li interruppe, sembrava che gli stesse intimando di non esagerare.

-Per l'ultima volta, Lenticchia.- sputò Draco, ansimando sulle ultime sillabe -Non so dove sia.

E, quando Weasley lo lasciò andare con uno strattone, si rese conto che le gambe non erano più in grado di reggerlo. Il cuore batteva come un pazzo, mentre tutto il corpo doleva forte. Alla fine, non ne era uscito diversamente che da una semplice rissa. Aveva sopportato di peggio e Weasley non aveva poi il destro tanto forte.

Eppure, faceva male.

Perché Draco sapeva che sarebbe tornata, ovunque fosse. Lo avrebbe fatto poiché, di questo ne era sicuro, lei non sarebbe stata in grado di lasciarlo lì. Lo avrebbe odiato, disprezzato, ma mai abbandonato. E, quando sarebbe arrivata, lui avrebbe assistito alla classica scenetta finale di tutte le fiabe. Weasley l'avrebbe stretta e baciata, prima di prometterle amore eterno e di pregarla di tornare con lui.

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