OTTAVO CAPITOLO

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"E adesso mi ponevo per l'ennesima volta la domanda: ma io l'amo? E per l'ennesima volta non sapevo rispondere, cioè, per meglio dire, nuovamente, per la centesima volta, mi risposi che l'odiavo."
( Fëdor Dostoevskij )


"Ci stiamo vivendo."
Una risposta semplice ma che mi ha tormentata per ore ed ore, ed ore. Ed ore. E tutta la notte, l'intera notte a pensare. Ho pensato così tanto che per un momento sono arrivata a credere che avessi consumato il cervello. Probabilmente non è così ma dubito ancora molto della mia sanità mentale. Ho così tanti pensieri che non so neanche decidere quali pensare.
Mia madre, il nostro primo ed ultimo natale insieme dopo anni ed anni sognati, dopo anni ed anni passati ad incolparmi. La consapevolezza di averla ritrovata e di riperderla così in fretta.
Liam, Victoria e la loro storia. Liam ed io e la nostra storia. La nostra storia finita, o forse mai iniziata? Era tutta una mia fantasia? Vorrei poter saperlo odiare e invece no, non ci riesco.
E poi c'è Mark. Mark, un altro problema. Mi ripeto che essere amici è la cosa migliore per entrambi, soprattutto per lui, ma allora perché non riesco a fare a meno di pensare a ieri pomeriggio? Perché non riesco a non pensare al suo profumo, alla sua pelle, alle sue labbra. E le mie. E le sue e le mie insieme.

Il rumore delle pentole che si schiantano sul pavimento mi ricordano che sono sveglia e che dovrei comportarmi da tale.

"Tutto ok, Olga?" urlo dal divano con una coperta enorme che mi copre fin sopra la testa, il camino che emana il suo calore incessante e la puzza di bruciato di qualsiasi cosa stia combinando Olga.
Il viaggio per arrivare da mia madre nella mia nuovissima macchina, gentilmente prestata da lei, è andato benissimo. Benissimo con code infinite e una fame tremenda.
Avrei preferito mangiare qualcosa che ecco, non sapesse di bruciato ma mi è andata comunque bene. Mia madre non c'è, ha trascorso la giornata in una spa con il suo fidanzato, David. Mi meraviglio di come riesca a fare tutte queste cose nonostante tutto. Probabilmente questa è una delle cose che ammirerò sempre di lei: la forza di volontà. Ne ha così tanta da venderne.

Fin ora non ho conosciuto David, il compagno di mia madre, per mia scelta. Era Troppo presto e troppo troppo. Riprendere improvvisamente i rapporti è stato abbastanza strano e non sarei riuscita ad accettare a vederla già con un altro uomo dato che il mio ultimo ricordo di lei risale a quando attraversa la porta di casa e lascia un bacio sulla guancia di mio padre mentre lui, dopo aver chiuso la porta, scoppia a piangere.
David e Bairon, il marito di Olga, ci raggiungeranno stasera e ceneremo tutti e cinque. Sempre se Olga riesce a non bruciare la cena, cosa di cui dubito fortemente.

"Potresti.. ehm, ecco.. venire ad aiutarmi?" sospiro pesantemente e mi alzo, in pigiama e assonnata.
La cucina è un disastro, che dico... peggio.

"Hai bisogno più di un aiuto" esordisco entrando dalla porta della cucina, se pensa che l'aiuterò si sbaglia di grosso.

"Oh ti prego Meredith, non startene lì impalata" mormora esasperata con un mucchio di farina in faccia, tra i capelli e dappertutto.

"Giusto. Ritorno sul divano, svegliami quando ci sei riuscita" urlo tornando alla mia postazione preferita: il divano. Lei borbotta qualcosa riguardo al menefreghismo dei giovani ed io non faccio altro che ridere: adoro questadonna. Un concentrato di idee, voglia di vivere, felicità. Un esempio da seguire.

Un tocco deciso alla porta mi risveglia dopo, forse, due ore? O di più, nonsaprei. Di sicuro fuori è buio ed io dormirei qui tranquilla al caldo tutto ilgiorno.

"Olga va ad aprire tu, io sto dormendo" la sento brontolare mentre continua a sbattere pentole. Spero che non abbia davvero cucinato per tutte queste ore...

I WANT YOU. (SEQUEL "TELL ME WHAT I WANT")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora