VENTIQUATTRESIMO CAPITOLO

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 "Una certa angoscia speciale aveva cominciato a farglisi sentire negli ultimi tempi. Essa non aveva nulla di caustico, di bruciante; ma ne spirava un non so che di continuo, di eterno, il presentimento di anni di quella fredda e assiderante angoscia senza uscita, il presentimento di non so quale eternità da passare sopra «un metro quadrato di spazio». Di solito nelle ore serali questa sensazione cominciava a torturarlo con piú forza ancora."

( Fëdor Dostoevskij )



Quando perdi qualcuno vieni immediatamente pervaso da un senso di dolore, angoscia, si potrebbe dire quasi di solitudine nonostante tu sia circondata da tante persone che non fanno altro che ripeterti "andrà bene, ti starò accanto". Ma tu lo sai che non sarà così, che non andrà bene e che non ci sarà nulla che potrà farti sentire meglio se non il tempo.

Alcuni si aggrappano alla fede, altri semplicemente alla speranza, ma c'è chi, invece, come me, si aggrappa alla disperazione.


Giuro che vorrei essere diversa, vorrei non provare ciò che provo ed essere insensibile a tutto ma sembra che col tempo non abbia fatto altro che sviluppare un qualcosa che amplifica ciò che provo, ogniqualvolta che provo qualcosa. Più provo ad essere insensibile, più accade il contrario.


Non ho dormito, non dormo da ventisette ore e non mi importa, non mi importa più niente.
Metà della nottata l'ho trascorsa seduta al tavolo della cucina, c'era chi chiamava parenti, chi amici, chi il prete.
C'era chi piangeva o chi provava a consolarmi.
Intanto, io, smettevo di esistere.
Li ho sentiti dire che oggi arriverà mio padre, che anche lui era distrutto e che baderà lui a me. Badare.
Probabilmente temono che io faccia ancora ciò che ho fatto in passato ma non potrei, non posso deludere ancora la mamma. Non posso, è l'unica cosa che non potrei mai e poi mai davvero perdonarmi.


L'altra metà notte l'ho trascorsa a letto, accanto a Mark che provava a consolarmi. Ma come si consola una persona che ha appena assistito alla morte della propria madre?
Non c'è alcun modo e mi si spezza il cuore vedere lui soffrire per il mio dolore, ma non riesco a smettere. Non ci riesco.


Alle sei sono scattata dal letto ed ho raggiunto la camera della mamma. Era fredda. E' fredda. La stanza e lei. Tutto è freddo, gelido, congelato. Come il mio cuore.
Guardo il suo volto che ormai non riconoscevo più. Troppo scarnito, troppo sbiadito, troppo meno la Katherine che conoscevo io.
Guardo le sue palpebre chiuse e ricordo che dietro quel velo di carne, si nascondono i miei stessi occhi.
I miei stessi occhi che non rivedrò più se non riflessi nello specchio.


Stringo forte i pugni perché è così forte il dolore che sembra quasi reale. Quasi come se potessi prenderlo e gettarmici dentro, senza però gettarlo mai via da me.
Mi sento spezzata. Mi sento vuota.
Abbraccio me stessa con la speranza che questo cambi qualcosa, come se questo possa rafforzarmi, ma nulla.


"Meredith" la voce di mio padre penetra fino al mio cuore, mi volto e tutto quello che vedo è dolore.
Gli occhi gonfi per le lacrime, le occhiaie per la notte in bianco, il viso pallido per la notizia, il cuore in due perché una parte di lui è morta con lei, così come per me.


Corro tra le sue braccia e milioni di lacrime scorrono pesanti sul mio volto, veloci e violenti.


"E' morta" mormoro "La mamma è morta" le lacrime mi creano difficoltà a deglutire e parlare, mi soffocano. Prendono tutta l'aria che possiedo e la fanno propria. La possiedono e provano a privarmi di tutto. Proprio come il dolore.
Il dolore mi priva della mia stessa vita.


"Lo so, piccola... lo so" avverto la disperazione della sua voce, la stessa che mi accompagnerà per tutta la vita. La stessa che riconosco nella mia e di chiunque ci sia in questa casa.


Il suo abbraccio è caldo, sa di vero e di affetto e di tutto quello che solo un genitore sa dare. Tutto quello che per anni non ho avuto da mia madre e che non potrò mai più avere, perché lei non c'è, perché lei non può esserci, perché lei è morta e non c'è rimedio alla morte.
"Ci sono io" sussurra al mio orecchio, la voce spezzata dalle lacrime e le braccia forti che mi tengono stretta. Mi tengono salda. Mi tengono e non mi lasciano cadere.

I WANT YOU. (SEQUEL "TELL ME WHAT I WANT")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora