L'autopsia

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Nell'ambulatorio dell'Istituto di medicina legale, dove rico­priva il ruolo di responsabile delle autopsie, Mitsuo diede un'occhiata al fascicolo del cadavere che si preparava a se­zionare. Mentre scorreva le fotografie del corpo, scattate sul luogo in cui era stato ritrovato, aveva le mani sudate, tanto che era stato costretto ad andare più volte a lavarsele. Era ottobre e non faceva particolarmente caldo, ma Mitsuo ave­va una sudorazione piuttosto accelerata, perciò era abituato a sciacquarsi spesso le mani.

Dispose di nuovo sul tavolo le foto allegate al dossier e si concentrò su una di esse. Vi era raffigurato il cadavere di un uomo dalla corporatura massiccia. L'uomo aveva la te­sta appoggiata al bordo di un letto. Non c'era traccia di fe­rite. La foto successiva era un primo piano del volto. Non presentava segni evidenti di un impedimento della circola­zione sanguigna e nemmeno di strangolamento. Niente, in quelle foto, permetteva di determinare la causa del decesso. Proprio per quel motivo, benché a prima vista non sem­brasse un caso di omicidio, il cadavere, per volontà del me­dico legale, era stato trasferito all'Istituto. Si trattava sicura­mente di morte improvvisa, tuttavia, da un punto di vista legale, non era possibile cremare il corpo senza prima de­terminare la causa del decesso e verificare che non ci fosse nulla di sospetto.

Mitsuo conosceva bene l'uomo ritratto su quelle fotogra­fie, con le braccia e le gambe incrociate. Mai avrebbe pensa­to di trovarsi un giorno a dover sezionare il cadavere di uno dei suoi vecchi compagni di università... E dire che dodici ore prima era ancora vivo. Per sei anni, Ryuji Takayama aveva seguito i suoi stessi corsi alla facoltà di Medicina. La maggior parte dei loro compagni mirava a laurearsi in me­dicina generale e Mitsuo, che voleva specializzarsi in medi­cina legale, già passava per un tipo strano, ma Ryuji Takayama aveva preso una via ancora più inconsueta. Una volta ottenuta la laurea in Medicina col massimo dei voti, si era iscritto, presso la stessa università, alla facoltà di Let­tere e Filosofia. Dal suo fascicolo risultava che, al momento del decesso, era titolare della cattedra di logica alla facoltà di Filosofia. Il che significava che aveva raggiunto, anche se in un campo diverso, la stessa posizione di Mitsuo. Senza dubbio, aveva fatto carriera piuttosto in fretta, considerando che si era laureato in Lettere in pochi anni e che aveva tren­tadue anni, due in meno di Mitsuo, che aveva cominciato l'università dopo una pausa sabbatica.

Mitsuo diede un'occhiata alla colonna che indicava l'ora del decesso: era avvenuto la sera precedente, alle nove e quarantanove minuti.

«Piuttosto precisa, l'ora del decesso», disse, alzando lo sguardo verso il commissario di polizia che avrebbe assisti­to all'autopsia.

Ryuji viveva da solo, in un appartamento a Nakano Est. Era curioso che l'orario fosse indicato con tanta precisione, tenendo conto che il cadavere era stato trovato per caso.

«Si tratta di una coincidenza», replicò il commissario co­me se niente fosse, accomodandosi su una sedia accanto a Mitsuo.

«Una coincidenza? Che tipo di coincidenza?»

Il commissario si girò verso un giovane maresciallo presen­te in ambulatorio e gli chiese: «È arrivata Mai Takano?»

«Sì, l'ho vista poco fa nella sala d'attesa riservata ai fami­liari.»

«Puoi farla entrare?»

«Sì, signore.»

Il poliziotto lasciò la stanza.

«La giovane donna che ha scoperto il cadavere è qui», spiegò il commissario a Mitsuo. «Non è una parente... Si tratta di una studentessa che seguiva i corsi del professor Takayama. Ma era sicuramente anche la sua amante per an­darlo a trovare così, senza preavviso. Dia un'occhiata al fa­scicolo e, se alcuni punti non le sono chiari, può interrogar­la lei.»

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