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Arrivato al laboratorio, Mitsuo scorse subito Miyashita. Sta­va per rivolgergli la parola, ma quello si precipitò verso di lui: «Ah, caschi proprio a fagiolo! Che ne pensi di questo?»

Teneva in mano un plico di fogli stampati. Accanto a lui c'era Nemoto, un assistente del laboratorio di ricerca biochi­mica. Aveva pressappoco la stessa corporatura di Miyashita e, vedendoli l'uno accanto all'altro, era difficile non scoppia­re a ridere. Novanta chili per un metro e settanta, stessa ta­glia, stessa lunghezza delle gambe, stessa fisionomia, stesso modo di vestire... Persino la voce era uguale. Si somigliava­no come due gocce d'acqua.

Avvicinandosi a loro, Mitsuo si lasciò sfuggire una delle solite battute: «Ah, i gemelli si sono riuniti!»

«Per favore, Mitsuo, non mi confondere con questo ener­gumeno», ribadì Nemoto, aggrottando le sopracciglia, an­che se in realtà non gli dispiaceva affatto somigliare a Miyashita, di due anni maggiore di lui. Miyashita, dopotut­to, aveva un ottimo carattere e capacità intellettive superio­ri alla norma. Inoltre aveva davanti a sé un brillante futuro come titolare di cattedra.

«Ne ho abbastanza di questa storia che ci somigliamo! Se ti mettessi un po' a dieta, per cambiare, eh, che ne dici?» replicò a sua volta Miyashita, premendo l'indice sul ventre rigonfio del collega.

«Se io mi metto a dieta, allora tu dovresti tenermi com­pagnia. Non ti farebbe male perdere qualche chilo!»

«Che furbo! Così saremmo punto e a capo. Non ha nes­sun senso dimagrire contemporaneamente.»

Poi Miyashita diede un taglio a quello scambio di battute e passò a Mitsuo le fotocopie che teneva in mano.

Mitsuo aprì il fascicolo e comprese subito di cosa si trat­tava. Erano i risultati ottenuti sottoponendo un campione di DNA a un autosequenziatore di basi chimiche. Tutte le forme di vita presenti sulla terra, compresi i virus, erano un insieme - talvolta composto da una sola unità - di cellule contenenti DNA o, in parte, RNA. Nel nucleo di ogni cellula si trovava un raggruppamento molecolare chiamato acido nucleico. Ne esistevano di due tipi: il DNA, l'acido desossiribonucleico, e l'RNA, l'acido ribonucleico. Ciascu­no aveva una funzione diversa. Il DNA era il materiale ge­netico in cui erano contenute le informazioni genetiche. Si trattava di un corpo molecolare allungato, composto da due filamenti avvolti l'uno intorno all'altro, che formavano la struttura generalmente denominata «doppia elica». In quella struttura erano contenute le informazioni genetiche, che consentivano la realizzazione di una proteina particola­re. I geni, insomma, costituivano l'unità d'informazione ge­netica. Ma cosa c'era scritto su quelle «istruzioni di fabbri­cazione»? Il ruolo di lettere era svolto da quattro corpi composti, denominati «basi» nucleiche: l'adenina (A), la guanina (G), la citosina (C) e la timina (T), oltre all'uracile per l'RNA. Una sequenza formata da tre basi consecutive formava il «codone», che permetteva la biosintesi di ciascun aminoacido in ogni proteina prodotta nella cellula. Per esempio, il codone AAC decodificava l'«asparagina», il GCA l'«alanina» e così via. Dato che le proteine erano formate dal raggruppamento di centinaia di aminoacidi, la sintesi poteva avvenire secondo venti schemi diversi; perché si formasse una sola proteina, era necessario che vi fosse una successione di centinaia di codoni.

L'informazione genetica si riassumeva in una lista di let­tere dell'alfabeto, come per esempio:

TCTCTATACCAGTGGGAAAATTAT

T

C

A

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