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A quel punto della narrazione, Mitsuo, ancora coi fogli in mano, si alzò per aprire la finestra. Semplicemente immagi­nare la scena lo aveva riempito di angoscia: Asakawa e Ryuji che si calavano sul fondo di quel pozzo aggrappati a una corda... Era stato colto da un attacco di claustrofobia al pensiero di uno spazio così ristretto - un vecchio pozzo di appena un metro di diametro, situato sotto un balcone, un luogo scuro anche in pieno giorno -, tanto da provare il bisogno di prendere una boccata d'aria fresca. Dalla fine­stra, osservava le cime degli alberi del parco, che circonda­vano il santuario Meiji, immerso nelle tenebre. Un soffio di vento fece svolazzare anche le pagine che teneva in mano. Dalla stampante stava uscendo l'ultimo foglio. Dunque il reportage Ring di Asakawa era quasi terminato. Mitsuo sentì lo scatto della macchina che annunciava la fine dell'o­perazione. Lanciò un'occhiata in quella direzione. Dalla stampante spuntava una sola pagina, su cui erano riportate poche righe. Mitsuo la prese e cominciò a leggere:

Domenica 21 ottobre

Caratteristica del virus, proliferazione.

Esorcismo. Duplicare la cassetta e farne delle copie.

Tutto qui. Senza dubbio, Asakawa aveva annotato solo i punti più importanti.

Il 21 ottobre era il giorno dell'incidente all'uscita dell'au­tostrada. La mattina precedente, all'Istituto di medicina le­gale, Mitsuo aveva svolto l'autopsia sul cadavere di Ryuji e aveva conosciuto Mai Takano. Perciò, anche se la testimonianza di Asakawa si concludeva lì, lui ormai aveva abba­stanza informazioni per gli eventi.

19 ottobre. Con la restituzione da parte di Asakawa dei re­sti di Sadako, morta venticinque anni prima, ai suoi familiari che vivevano ancora sull'isola di Oshima, il caso sembrava chiuso. Mentre il giornalista si dava da fare per redigere la parte conclusiva del reportage nella sua camera d'albergo a Oshima, Ryuji, a Tokyo, spirava in circostanze misteriose. Tornato in città, Asakawa era venuto a conoscenza della morte dell'amico e si era precipitato a casa sua. Lì aveva tro­vato Mai Takano, e le aveva fatto una domanda che a lei era parsa fuori luogo: «Davvero Ryuji non le ha detto niente? Non ha fatto cenno, per esempio, a una videocassetta?»

Ormai Mitsuo comprendeva benissimo lo stato d'animo in cui si era trovato Asakawa. Si era reso conto che, mentre lui e Ryuji credevano di aver risolto l'enigma e trovato il modo di scampare alla morte, la maledizione continuava a mietere vittime. Una cosa, però, gli sfuggiva. Se le cose stavano così, perché Ryuji era morto e lui era ancora in vi­ta? E cosa ne sarebbe stato della moglie e della figlia, per cui l'ora fatidica sarebbe scoccata la mattina dopo, alle un­dici? A quel punto, Asakawa doveva assolutamente venire a capo di quel mistero da solo, e gli restavano poche ore di tempo per farlo. Concentrandosi, capì che la soluzione era racchiusa in un gesto, qualcosa che solo lui - e non Ryuji - aveva fatto per pura coincidenza, e che gli aveva salvato la vita. Ma cosa? Asakawa doveva aver passato la notte in bianco, sforzandosi di dare una risposta a quel quesito. Con ogni probabilità, il giorno successivo, il 21, aveva avu­to un'intuizione che l'aveva portato a credere di aver risolto l'enigma del sortilegio, e così ne aveva preso nota sull'ulti­ma pagina del suo reportage:

Domenica 21 ottobre

Caratteristica del virus, proliferazione.

Esorcismo. Duplicare la cassetta e farne delle copie.

Il virus in questione era sicuramente quello del vaiolo. Pri­ma di morire, Sadako aveva avuto un rapporto sessuale con Nagao, l'ultimo malato di vaiolo registrato in Giappone. Era quasi scontato che, in tal modo, anche lei avesse con­tratto il virus. Quel virus, che stava per essere debellato, si era servito degli straordinari poteri di Sadako per conti­nuare a diffondersi, il che era nella natura stessa dei virus. Non potendo propagarsi da solo, aveva preso la forma del­le immagini sulla videocassetta. A quel punto, si era servito dell'aiuto dell'uomo, obbligando coloro che guardavano il video a farne una copia. Le istruzioni cancellate alla fine del nastro molto probabilmente dicevano qualcosa del tipo: «Se non volete morire tra una settimana, dovete seguire esattamente queste istruzioni: duplicare la cassetta e mo­strarla a un'altra persona».

Il ragionamento filava. Dopo aver visto il video, Asakawa l'aveva duplicato e l'aveva mostrato a Ryuji, il giorno successivo. Aveva fatto da tramite involontario alla prolife­razione del virus. Ryuji, invece, non aveva fatto nessuna co­pia!

Convinto che le cose fossero andate in quel modo, Asakawa aveva caricato in macchina il videoregistratore ed era partito per andare da qualche parte. Il suo scopo era fare due copie e mostrare il filmato a due persone. I prescelti per vedere quelle immagini sarebbero stati obbligati, a loro volta, a duplicare il video e trovare altre vittime cui mo­strarlo... Ma Asakawa non si era posto quel problema. Il suo scopo era salvare la vita alla moglie e alla bambina.

Credeva di aver messo in salvo le persone che più amava al mondo. Una volta in macchina, però, quando si era gira­to per verificare che stessero bene, aveva sentito i loro corpi già freddi e aveva perso il senno.

Mitsuo comprendeva il motivo per cui si trovava in co­ma profondo. Oltre alla sofferenza per la perdita della mo­glie e della bambina, doveva essere tormentato da un inter­rogativo: in cosa consisteva, allora, l'esorcismo? Quando ormai pensava di avere la soluzione in pugno, essa gli era sfuggita di mano, si era volatilizzata, e in un attimo lui aveva perso coloro che amava, con una facilità sconcertan­te. La collera, il dolore, quella domanda lancinante e senza risposta: perché, perché, perché?... Senza contare l'altra do­manda: perché lui era ancora vivo?

Mitsuo mise in ordine le pagine stampate e le appoggiò sul tavolo. E, tu, credi davvero a questo ammasso di assurdità? si chiese infine. Scrollò leggermente la testa. Non lo so.

Non poteva rispondere diversamente. Aveva visto coi suoi occhi il tumore fuori del comune che si era formato nell'arteria coronaria di Ryuji. Altre sei persone erano mor­te per la stessa ragione. Inoltre le analisi facevano pensare a un virus, che somigliava stranamente a quello del vaiolo. E poi c'era Mai Takano, sparita nel nulla. Quell'atmosfera in­quietante nel suo appartamento vuoto, quella sensazione lugubre, da brividi, di una presenza soprannaturale. Le im­magini iniziali, rimaste impresse sulla cassetta, ancora inse­rita nel videoregistratore. Quel video stava continuando a moltiplicarsi, stava mietendo altre vittime? Più Mitsuo ci ri­fletteva, più numerose erano le domande che gli affollava­no la mente.

Spense il computer e allungò la mano verso il bicchiere di whisky, posato sul lato richiudibile del tavolo. Quella notte, pensò, non sarebbe riuscito a chiudere occhio senza ricorrere all'aiuto dell'alcol.

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