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Passarono la notte insieme e il giorno dopo, al risveglio, Mitsuo la portò al cinema. Era stata lei a chiederlo. Era un giorno festivo, ma, trattandosi del primo spettacolo, non c'era molta gente.

La donna si sedette e lasciò un posto vuoto tra lei e Mit­suo. Per strada, avevano camminato tenendosi a braccetto, però, una volta entrati in sala, lei aveva d'un tratto cambia­to atteggiamento, sistemandosi a una certa distanza dal suo accompagnatore. Le poltrone erano ampie e di certo non si era comportata in quel modo soltanto per stare più como­da. Mitsuo non capiva quel modo di fare, ma, se avesse do­vuto tener conto di tutte le stranezze di quella donna, la li­sta sarebbe stata infinita. L'unica informazione che era riu­scito a ottenere sul suo conto era che si chiamava Masako, ed era la sorella maggiore di Mai Takano.

Mitsuo teneva gli occhi fissi sullo schermo, ma non pre­stava attenzione al film. In parte perché aveva sonno, ma so­prattutto perché la presenza di Masako al suo fianco non gli permetteva di concentrarsi. Faticava a ricostruire i ricordi della serata precedente e non si spiegava come avesse potu­to, una volta uscito dalla stazione con quella donna, condurla nel suo appartamento. Era stato lui a chiederle di andare a bere qualcosa in uno dei bar vicino alla stazione. Davanti a un bicchiere di birra, le aveva chiesto il suo nome.

«Masako Takano. Sono la sorella di Mai», aveva rispo­sto lei.

Quindi Mitsuo non si era sbagliato. Masako aveva due anni più di Mai, si era laureata all'università femminile di Tokyo e lavorava in una società finanziaria. Da quel momento in avanti, tutto era confuso. Non aveva bevuto gran­ché, eppure i suoi ricordi apparivano sfocati. L'aveva invi­tata? Non lo ricordava. Fatto stava che si erano ritrovati a casa sua.

Dopodiché, l'unica cosa di cui aveva memoria era il ru­more dell'acqua. Nella sua mente, quel dettaglio si sovrap­poneva a ogni altro: Masako era sotto la doccia mentre lui, seduto sul letto, aspettava che lo raggiungesse.

Il rumore infine era cessato e l'ombra di Masako era ap­parsa nel corridoio. Poi, senza dire una parola, lei aveva spento la luce della stanza. Mitsuo ricordava bene il mo­mento in cui, da illuminata che era, la stanza era piombata nell'oscurità totale. Un istante dopo, aveva sentito il petto nudo di Masako contro il suo. Senza staccare la mano sini­stra dall'asciugamano, che si era avvolta sui capelli bagnati, la donna aveva preso ad accarezzargli il volto con la destra. Quando la sua pelle liscia e delicata gli aveva sfiorato il na­so e la bocca, Mitsuo si era sentito come soffocare ed era stato costretto a respingerla dolcemente, per riprendere fia­to. Inebriato dal profumo fresco di quel giovane corpo, l'a­veva stretta in un abbraccio...

Ormai del tutto indifferente al film, Mitsuo si sforzò di richiamare alla memoria le scene erotiche della notte prece­dente. Da un anno e mezzo non sfiorava il corpo di una donna. Se ricordava bene, era venuto tre volte. Non si era mai considerato straordinariamente virile. Se un uomo di oltre trentacinque anni eiacula tre volte nel corso della stes­sa notte, pensò, il merito è da attribuire piuttosto al fascino e all'abilità della sua compagna. Eppure, pensandoci bene, tutto ciò che era accaduto in quel letto si era consumato nel­la totale oscurità. Al di là della bellezza di Masako e del suo atteggiamento conturbante, Mitsuo non aveva intravisto che la sagoma del corpo di lei. La donna, infatti, non si era accontentata di spegnere la luce centrale, ma aveva an­che coperto con l'asciugamano la lampada del comodino.

Mitsuo fingeva di guardare lo schermo, ma di tanto in tanto lanciava un'occhiata alla sua compagna. La bellezza di Masako veniva messa ancora più in risalto dall'oscurità. Sì, era proprio così, le tenebre si addicevano perfettamente a quella donna...

Masako teneva gli occhi socchiusi, ma non stava dor­mendo. Ne era prova il movimento delle sue labbra, che sembravano mormorare qualcosa, benché Mitsuo non riu­scisse a comprendere cosa. Spostando il peso sul gomito si­nistro, si sporse il più possibile verso di lei, per cercare di carpire quei sussurri. Si rese conto che Masako stava ripe­tendo, a labbra socchiuse, i dialoghi dei personaggi del film. Sullo schermo appariva una scena in cui l'eroina, una nota delinquente che una «scuola del crimine» aveva trasformato in una macchina di morte, si apprestava a ono­rare il suo primo incarico come assassina. La ragazza entra­va in un lussuoso ristorante, vestita con un elegante abito nero e teneva una pistola nascosta nella borsetta. I protago­nisti di quella scena carica di tensione si scambiavano bat­tute ben ritmate.

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