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Poco dopo la scoperta del cadavere di Mai Takano, Mitsuo fu informato della morte di Kazuyuki Asakawa. Le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate ed era sta­to trasferito d'urgenza al centro ospedaliero dell'università S. Mitsuo aveva chiesto di essere avvisato nel caso in cui le condizioni del paziente fossero cambiate, ma di certo non si aspettava così presto la notizia della sua morte. Secondo il medico che l'aveva in cura, Asakawa aveva contratto un'in­fezione e si era spento pacificamente, come un uomo che muore di vecchiaia. Sino alla fine, non aveva mai ripreso conoscenza.

Mitsuo si recò al centro ospedaliero per fornire qualche indicazione al medico che si sarebbe occupato dell'auto­psia. Era necessario verificare se le arterie coronarie erano bloccate da un tumore, se il sangue era portatore di un vi­rus simile a quello del vaiolo... Erano due punti fondamen­tali, che avrebbero permesso di formulare la diagnosi, insi­stette Mitsuo, prima di lasciare l'ospedale.

Mentre tornava a piedi verso la stazione, provò un acuto senso di rimpianto. Era un vero peccato che Asakawa fosse morto senza riprendere conoscenza... Non aveva potuto co­municare a nessuno le importanti informazioni di cui era in possesso. Se Mitsuo fosse riuscito a comunicare con lui, for­se sarebbe riuscito a prevenire altre orribili morti. Vista la situazione, non sapeva proprio cosa sarebbe successo. Che cosa riservava il futuro?

La morte di Asakawa era da considerarsi casuale oppure inevitabile, fin dall'inizio? Mitsuo si sforzò di trovare una risposta a quell'interrogativo. La stessa domanda valeva per Mai. Asakawa aveva avuto un incidente d'auto, Mai aveva fatto una caduta mortale, ma, in entrambi i casi, vi era un elemento che aveva fatto scattare quel lento processo che portava alla morte. Gli sembrava che ci fossero tratti co­muni nel modo in cui quelle due persone avevano perso la vita. Però Mitsuo non era in grado di stabilire se il loro de­cesso fosse davvero legato alla visione del famigerato vi­deo.

Camminando, si rese conto all'improvviso di una cosa: il centro ospedaliero di S non si trovava molto distante dal luogo in cui Mai era stata ritrovata. Fin dall'inizio, si era chiesto che cosa ci facesse Mai sul tetto di quel vecchio pa­lazzo. Forse, se avesse studiato il luogo, si sarebbe chiarito le idee. Valeva dunque la pena di andarci subito, prima che ogni traccia del terribile dramma che si era consumato las­sù fosse sparita del tutto.

Decise di risalire lungo la via principale e di prendere un taxi. Gli occorrevano al massimo dieci minuti per arrivare davanti all'edificio.

Lungo la strada si fermò da un fiorista, comprò un pic­colo mazzo di fiori, poi prese un taxi e si fece portare fino al magazzino della società di trasporti T. All'Istituto di medi­cina legale gli avevano dato solo quell'indicazione. Non co­nosceva l'indirizzo preciso del palazzo dov'era stata ritro­vata la giovane donna. Sapeva soltanto che si trovava ac­canto a quella compagnia di trasporti, sul lato sud.

Dal marciapiede, Mitsuo sollevò la testa verso il palazzo che aveva di fronte. Era quello, non c'erano dubbi: aveva tredici piani e una scala a chiocciola di emergenza su uno dei muri esterni, nello spazio che separava l'immobile dal magazzino della società di trasporti.

Si diresse verso l'ingresso principale, ma tornò subito sui suoi passi, fino alla scala esterna. Voleva anzitutto capire com'era entrata Mai. Aveva preso l'ascensore fino al nono piano, poi si era servita della scala di emergenza e infine si era arrampicata fino al tetto con la scaletta a pioli? Oppu­re era salita direttamente dalla scala di emergenza, fin dal pianterreno? La sera, la porta principale di certo era chiusa a chiave e, per arrivare all'ascensore, bisognava servirsi di un ingresso laterale, controllato da un guardiano. Di notte, poi, anche la porta secondaria veniva sicuramente chiusa a chiave. Supponendo che Mai fosse salita lassù in piena not­te, allora avrebbe dovuto usare la scala esterna. All'altezza del primo piano s'intravedeva un cancelletto in ferro, che in teoria impediva di proseguire oltre lungo quella scala. Mitsuo decise di dare un'occhiata fino al primo piano. Cercò di forzare la maniglia di quel cancelletto, ma invano. Sicura­mente era chiuso a chiave dall'interno, per impedire di sa­lire durante la notte. Però era alto meno di due metri: una persona di corporatura leggera poteva scavalcarlo senza problemi. Mai Takano, che al liceo aveva fatto parte della squadra di atletica, avrebbe potuto superarlo senza difficol­tà. A lato, c'era un'altra porta, che dava sempre sull'interno del palazzo. Mitsuo spinse sulla maniglia, ma anche quella porta era chiusa a chiave. A che ora era salita Mai su quel­l'edificio? Di giorno, si poteva usare l'ascensore e poi la sca­la a pioli; di notte, bisognava per forza passare da lì.

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