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L'auto ridiscese la montagna e attraversò la città di Atami per poi dirigersi verso Odawara, costeggiando la strada di Manazuru. I due uomini viaggiavano in silenzio, troppo concentrati sui paesaggi e sui volti che avevano appena vi­sto. Mitsuo era talmente assorto da non riuscire nemmeno a godere della bellezza cristallina del mare d'inverno. Sulla distesa d'acqua, si stagliava la visione agghiacciante del pozzo aperto, sotto il balcone del cottage B-4, come se fosse un miraggio che appariva e poi si dissolveva. Poi, davanti ai suoi occhi prendeva forma il volto di un uomo che aveva già visto da qualche parte.

Tutte le installazioni del Pacific Land Club erano disposte lungo il sentiero che conduceva dal centro informazioni al­l'hotel.

Campi da tennis, piscine, centri fitness e cottage monofa­miliari si trovavano lungo il pendio, a monte come a valle. La maggior parte dei cottage era sistemata dove il declivio si faceva più dolce. Dalla strada, guardando lungo la disce­sa, si scorgevano quelle casette allineate, i cui tetti bianchi riflettevano la luce di quel soleggiato pomeriggio invernale, rendendola accecante. Mitsuo e Miyashita ebbero l'impres­sione di conoscere a memoria quel paesaggio.

S'incamminarono verso il cottage B-4. Fecero forza sulla maniglia, ma la porta era chiusa a chiave e non riuscirono ad aprirla. Decisero quindi di portarsi sul retro del cottage. Era sufficiente sporgersi un po' per vedere che una delle as­si sottostanti il balcone era stata divelta, lasciando un ampio spazio vuoto. Quell'apertura aveva tutta l'aria di essere stata creata volontariamente e non era difficile indovinare da chi. Ryuji Takayama aveva sollevato l'asse per potersi infilare sotto la costruzione. Era quello il punto in cui, il 18 ottobre, Ryuji Takayama e Kazuyuki Asakawa si erano calati nel pozzo con l'aiuto di una corda. Recuperare dal fondo del pozzo i resti di Sadako Yamamura non doveva essere stato un'impresa da poco. Il semplice pensiero face­va accapponare la pelle.

Miyashita prese una torcia elettrica dalla macchina e si mise a esaminare il terreno sottostante il balcone. Poco do­po, più o meno nel centro, vide una sporgenza scura. Era la parte superiore del pozzo. Accanto giaceva una lastra di ce­mento. Esattamente com'era descritto in Ring.

Mitsuo si chinò, ma non ebbe il coraggio di sporgersi ol­tre la vera del pozzo, proprio come non aveva osato guar­dare nel condotto di aerazione in cui era stato ritrovato il cadavere di Mai Takano. Dovette fare appello a tutte le sue forze per avvicinarsi, ma, quando fu al limite, rinunciò a spingersi oltre. Quella donna, Sadako Yamamura, era sta­ta gettata là dentro e la sua breve vita era stata relegata in quell'antro, con un solo spicchio di cielo sopra la testa. Mai Takano, a sua volta, era morta sul fondo di una buca di ce­mento. Un vecchio pozzo, scavato nel bosco adiacente un sanatorio di montagna, e un condotto di aerazione sulla ci­ma di un palazzo, lungo il litorale di Tokyo. Intorno al poz­zo, che si trovava nel mezzo di una distesa di alberi, la vista era ostruita dalla vegetazione, mentre il cielo sopra quell'e­dificio sul bordo del mare, su cui arrivavano forti folate di iodio, era completamente sgombro. Da un lato, un feretro a forma di botte, sepolto sotto terra; dall'altro, una bara ret­tangolare, galleggiante nell'aria. C'era un evidente contra­sto tra i luoghi in cui Sadako Yamamura e Mai Takano ave­vano perso la vita, eppure quello stesso contrasto rivelava un'insolita analogia tra le due donne.

Le pulsazioni di Mitsuo accelerarono. L'aria umida che si respirava sotto il pavimento della veranda, il contatto con la terra, che gli si attaccava ai palmi e alle ginocchia... Tutto provocava in lui uno sgradevole disagio. L'odore di muffa che saliva dal terreno lo infastidì a tal punto che, sen­za rendersene conto, cessò per un attimo di respirare, ri­schiando quasi di soffocare.

Mentre si rialzava per tornare a respirare aria fresca, Miyashita continuava a sforzarsi d'infilare la sua mole con­siderevole ancora più in fondo, sotto il balcone. Mitsuo si chiese stupefatto se avesse intenzione di arrivare fino al bordo del pozzo e lo richiamò, in tono severo: «Basta così, torna indietro!»

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