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Le pagine uscivano dalla stampante l'una dietro l'altra, con un leggero fruscio. Mitsuo sollevò il plico, ancora caldo, e sistemò i fogli, in formato A4, riempiti da caratteri fitti. Avrebbe fatto più in fretta a leggerli che non a stamparli. Avendo comunque bisogno di una copia cartacea, aveva preferito aspettare piuttosto che leggere direttamente sullo schermo, ma la lentezza della stampante - almeno un paio di minuti per pagina - era tale da innervosirlo non poco.

Alla fine, dopo aver chiesto il permesso a Uchida, si era portato il computer a casa. Dando un'occhiata veloce al contenuto dei file, si era reso conto che occupavano un cen­tinaio di pagine. Non poteva pretendere di monopolizzare la stampante del laboratorio per un documento che gli ser­viva a scopo personale. Non c'era altra scelta: doveva fare quel lavoro a casa, a costo di star sveglio tutta la notte.

Mentre consumava la cena - un piatto pronto comprato in una rosticceria lungo la strada -, terminò di leggere le prime venti pagine. Fino a quel punto, il reportage Ring se­guiva fedelmente la storia che Yoshino gli aveva raccontato tre giorni prima, sulla terrazza del bar. A differenza della narrazione del giornalista, però, quell'articolo era chiaro e preciso, con nomi, luoghi e date, in modo da convincere il lettore della veridicità dei fatti. Era forse merito dello stile sobrio, molto giornalistico, ripulito da vezzi linguistici? Quel testo non lasciava spazio a dubbi. Era impossibile cre­dere che fosse tutto inventato.

Kazuyuki Asakawa aveva indagato sulla morte dei quat­tro ragazzi colpiti contemporaneamente da infarto a Yokosuka e a Tokyo, la notte del 5 settembre di quell'anno. Aveva pensato subito che potesse trattarsi di un virus. La con­clusione era evidente, anche senza avere competenze scien­tifiche particolari. In effetti, l'autopsia aveva diagnosticato la presenza di un virus, confermando i suoi sospetti. Così, avendo a che fare con un virus che aveva ucciso quattro persone nello stesso istante, aveva ipotizzato che, al mo­mento del contagio, le vittime si trovassero insieme. Secon­do lui, la chiave per risolvere quell'enigma stava nello sco­prire il modo in cui il virus si era propagato.

Asakawa aveva individuato il luogo e il giorno in cui quei ragazzi si erano ritrovati. Il 29 agosto, una settimana prima della morte, tutti e quattro erano stati al Pacific Land Club di Hakone Sud, nel cottage B-4.

Da pagina ventuno, Asakawa descriveva la visita che lui stesso aveva fatto al cottage B-4. L'11 ottobre, aveva preso un treno fino ad Atami, poi aveva noleggiato un'auto per proseguire fino al Pacific Land Club, sugli altopiani di Ha­kone Sud. Era buio, pioveva e, alla scarsa visibilità causata dalle tenebre e dall'acqua, si aggiungevano le pessime con­dizioni della strada. Era arrivato a destinazione alle otto passate. Quand'era entrato nel cottage B-4 - che aveva pre­notato telefonicamente quel giorno stesso -, non aveva po­tuto fare a meno di provare una vaga apprensione all'idea che proprio in quel posto i quattro ragazzi avevano passato la notte, una settimana prima di morire. Temeva, seppure in modo indistinto, che a lui potesse toccare la stessa sorte. Ma il suo fiuto di giornalista aveva prevalso e si era messo a ispezionare il cottage da cima a fondo. Aveva trovato un quaderno su cui c'era scritto: Uomo avvisato, mezzo salvato: fareste meglio a non vederlo, se non avete fegato. Vi pentirete di averlo fatto... e aveva intuito che i ragazzi avevano noleggia­to una videocassetta, così era tornato dal gestore - che ne aveva alcune a disposizione - per cercarla. Nell'ultimo ri­piano dello scaffale, ce n'era una senza custodia e senza eti­chetta. Aveva pensato che si trattasse di quella giusta e ave­va chiesto al gestore di prenderla in prestito. Poi, tornato nel cottage B-4, l'aveva infilata nel videoregistratore e l'ave­va guardata dall'inizio alla fine.

Sullo schermo erano apparse alcune immagini inquie­tanti. Ecco con quali parole Asakawa descriveva la scena iniziale:

Mi è parso di vedere un puntino di luce al centro dello schermo nero, un puntino che ha cominciato a lampeggiare. A poco a poco è aumentato di dimensioni, rimbalzando da sinistra a destra prima di fermarsi sul lato sinistro. A quel punto si è ramificato, trasfor­mandosi in un ammasso frastagliato di luci che strisciavano come vermi...

Mitsuo sollevò gli occhi. Quel passaggio gli ricordava alcu­ne immagini ben precise. Da quando aveva cominciato a leggere la descrizione, aveva avuto l'impressione di averle viste da qualche parte. Puntini che si ramificavano sullo schermo nero, diventando strisce luminose... La scena non era durata molto, ma era sicuro di avervi assistito di recente. Non gli ci volle molto per rammentare dove e co­me. Era una delle scene registrate sulla cassetta che aveva visto a casa di Mai Takano.

Le immagini non erano durate più di qualche secondo, poi lo schermo si era illuminato, lasciando il posto, sino alla fine del nastro, a una serie di programmi televisivi.

Mitsuo si rese subito conto di quello che era successo. In qualche modo, sicuramente tramite Ryuji, Mai era entrata in possesso della cassetta e l'aveva guardata nel suo appar­tamento, poi aveva cercato di cancellare le immagini. Dove­va aver avuto una buona ragione per farlo. Però non era riuscita a farle sparire del tutto... Si trattava dunque della stessa cassetta scoperta da Asakawa al Pacific Land Club che, dopo vari passaggi, era finita nelle mani di Mai?

Mitsuo si sforzò di far ordine nei suoi pensieri.

No, non poteva essere la stessa cassetta. Quella ritrovata da Asakawa era un'altra. Da quanto diceva nel reportage, la sua era senza etichetta. Doveva trattarsi di una copia, mentre quella del Pacific Land Club era l'originale. A prima vista, sembrava che quel video si fosse diffuso, duplicato e cancellato, subendo trasformazioni che mettevano i brividi. Mitsuo si accorse subito che le proprietà della cassetta era­no molto simili a quelle di un virus, a metà strada tra la vita e la morte. Mai era sparita dopo averla vista. Quel fatto non smetteva di angosciare Mitsuo. Nessuno l'aveva vista e lei non aveva telefonato alla famiglia. Per quanto ne sapeva, non erano stati ritrovati cadaveri di ragazze che corrispon­dessero alla descrizione di Mai.

Per un momento, Mitsuo rimase a fissare nel vuoto, cer­cando d'immaginare cosa mai le fosse successo. Giaceva forse da qualche parte, morta per ragioni inspiegabili? Ave­va appena ventidue anni. Gli si strinse il cuore al pensiero di quanto fosse giovane. Soprattutto perché era stato sul punto d'innamorarsi di lei.

Il rumore della stampante che buttava fuori un nuovo fo­glio lo riportòalla realtà. Invece di lasciarsi andare a pen­sieri tristi, si disse, era ilcaso di proseguire con la lettura del reportage Ring. Soltanto cosìavrebbe saputo qualcosa di più sul contenuto della cassetta    

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