Il presaggio

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Era la prima mattinata di un ponte festivo che sarebbe du­rato qualche giorno quando Mitsuo ricevette una telefonata di Miyashita, che lo invitava a fare un giro in macchina. Per lui che, come al solito, si arrovellava per trovare il modo di passare il tempo in quei giorni di ferie, la proposta dell'a­mico fu quasi provvidenziale. Inoltre il tono un po' miste­rioso di Miyashita l'aveva incuriosito. Mitsuo accettò subito l'invito, prima ancora di chiedere: «Dove hai intenzione di portarmi?»

«Mi piacerebbe verificare una cosa con te», disse Miya­shita, senza però rivelargli lo scopo della loro spedizione.

Mitsuo si disse che l'amico doveva avere le sue buone ra­gioni per comportarsi in quel modo e non insistette oltre. Glielo avrebbe chiesto di nuovo al momento della partenza.

Quando Miyashita si presentò, in macchina, sotto casa di Mitsuo, questi tentò nuovamente di sapere qualcosa sulla loro meta.

«Senti, per favore... Accompagnami senza far doman­de», sbuffò Miyashita.

Ben presto imboccarono la nuova strada per Yokohama. Sembrava che Miyashita avesse intenzione di dirigersi ver­so Fujisawa. Se il programma prevedeva di andare e torna­re in giornata, la destinazione non doveva essere troppo lontana. A grandi linee, potevano spingersi fino a Odawara oppure a Hakone. Se si fossero diretti verso la penisola di Izu, avrebbero potuto arrivare fino ad Atami o a Ito, ma non oltre. Mitsuo rifletté un poco sulle possibili destinazio­ni, ma poi decise di approfittare di quella «passeggiata mi­steriosa», evitando di porsi troppi problemi.

Appena prima del raccordo con una strada secondaria si trovarono bloccati in un ingorgo. Era piuttosto frequente su quel tratto, a maggior ragione il primo giorno di una vacan­za. Per aiutare l'amico a passare il tempo senza spazientirsi, Mitsuo decise di raccontagli le conclusioni cui era giunto qualche giorno prima, a proposito di Mai Takano. Se dav­vero aveva partorito subito prima di cadere nel condotto di aerazione, tutto appariva chiaro, compreso il fatto che non indossasse le mutandine...

Quando finì di parlare, Miyashita rimase per un attimo in silenzio. I suoi occhi tondi, non privi di una certa bellez­za, scrutavano la strada. «In effetti, anch'io ho pensato la stessa cosa, quando abbiamo guardato i virus di Mai Taka­no al microscopio», disse infine, cambiando improvvisa­mente corsia, indifferente ai colpi di clacson delle macchine che sopraggiungevano dietro di loro.

«Davvero?»

«Sì, sono rimasto colpito dalla somiglianza tra quei virus e gli spermatozoi.»

«Anch'io.»

«E questo dettaglio non è sfuggito nemmeno a Nemoto.»

«Quindi sembra proprio che abbiamo avuto tutti e tre la stessa idea...»

«Sì. E bisogna sempre dar ascolto al proprio intuito, lo sai bene.» Miyashita si girò verso Mitsuo, seduto accanto a lui, per lanciargli un rapido sorriso, dimenticando per un attimo di guardare la strada.

«Ehi! Sta' attento!» Vedendo i fari posteriori dell'auto davanti a loro avvicinarsi più del dovuto, Mitsuo spinse meccanicamente i piedi in avanti, come per agire sui freni.

«È tutto a posto, non temere! Non ho intenzione di fare un remake della storia di Asakawa.» Miyashita premette con vigore sul pedale del freno, come per dimostrare che era ancora in tempo a reagire, anche se il paraurti si trovava ormai a un centimetro da quello dell'auto davanti a loro.

Mitsuo avvertì un brivido e si chiese se il senso delle distanze dell'amico non fosse un po' alterato. Se avesse conti­nuato a guidare in quel modo, un giorno o l'altro avrebbe avuto un incidente. «A proposito di Asakawa, piuttosto... È strano che non sia morto d'infarto, come tutti gli altri», disse.

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