L'evoluzione

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Lunedì 26 novembre, pomeriggio.

Mitsuo aveva appena terminato l'autopsia di un adole­scente annegato in un fiume e stava ascoltando i genitori della vittima, che gli spiegavano in quali circostanze era av­venuta la tragedia, per le ultime annotazioni sul suo rap­porto. Verificò il nome del ragazzo e si fece raccontare che cos'aveva fatto il giorno dell'incidente; ma il padre par­lava in maniera confusa e lui non riuscì a ricavarne gran­ché. Di tanto in tanto, l'uomo interrompeva il discorso e guardava fuori della finestra, trattenendo uno sbadiglio. Sembrava un sonnambulo, privo di forze. Mitsuo non ve­deva l'ora di concludere, per mandare a casa quel padre an­nientato dal dolore.

Dalla stanza accanto giunsero alcuni rumori. Di lì a poco sarebbe arrivato il cadavere di una donna la cui identità era ancora sconosciuta; nel contempo, bisognava portare via un altro cadavere e preparare gli strumenti per l'autopsia suc­cessiva. Se ne sarebbe occupato il dottar Nakayama, un col­lega di Mitsuo. Il cadavere era stato scoperto in un condotto di aerazione, sul tetto di un palazzo. Essendoci due auto­psie in corso, con poliziotti e infermieri che andavano e ve­nivano, quella zona dell'ospedale era piuttosto animata.

«Il cadavere della donna è arrivato!» La voce dell'infer­miere risuonò in tutto il corridoio e, con un sussulto, Mit­suo si girò verso la porta, che era socchiusa, e intravide Ikeda, l'assistente, di fronte al dottar Nakayama. Perché aveva l'impressione che quella frase fosse stata rivolta a lui?

«Molto bene, occupatevi dei preparativi, per favore», ri­spose Nakayama, alzandosi con calma. Aveva due anni più di Mitsuo ed era docente di medicina legale presso l'uni­versità J.

L'assistente scomparve e, al suo posto, si avvicinò un commissario di polizia. Scambiati velocemente i convene­voli, il commissario prese una sedia e si accomodò accanto al medico legale.

Mitsuo si girò, chinandosi di nuovo sul suo rapporto, ma non poté evitare di sentire almeno in parte la conversazione che si stava svolgendo tra i due uomini nella stanza accan­to. Il poliziotto stava spiegando a Nakayama le circostanze in cui era stato trovato il corpo della donna. La penna di Mitsuo, che correva sul foglio, si fermò all'improvviso. Le parole «donna» e «non identificata» tornavano spesso nel discorso.

«Ma perché sul tetto di un palazzo?» sentì chiedere dal collega.

«A dire il vero, non sappiamo le ragioni per cui sia salita lassù. Per suicidarsi, forse?» replicò il commissario.

«Ha lasciato un testamento o una lettera?»

«Per il momento non abbiamo trovato nulla.»

«Può essere caduta in quel condotto di aerazione? È pos­sibile che abbia chiamato aiuto e nessuno l'abbia sentita?»

«Non si tratta di un quartiere residenziale.»

«Dov'è successo, esattamente?»

«In un vecchio stabile di tredici piani, a Higashi-Oi, in riva al mare, nel quartiere di Shinagawa.»

Mitsuo alzò di colpo la testa, sussultando. Gli tornò alla mente il paesaggio che aveva scorto dal Keihin Express. Il tratto in riva al mare, dopo la zona residenziale, era occupa­to da capannoni e da vecchie costruzioni sparse, che si vede­vano bene dall'appartamento di Mai. «Una donna non identificata...» «Sul tetto di un palazzo...» «In riva al ma­re...» Quelle parole continuavano a riecheggiargli in testa.

«Grazie mille. Se dovessi avere ancora dei dubbi, mi metterò in contatto con lei.» Dopo aver congedato il padre dell'adolescente annegato, Mitsuo lasciò perdere il suo rap­porto. La preoccupazione per ciò che aveva appena sentito gli impediva di concentrarsi. Inoltre gli sembrava di non avere le informazioni sufficienti per completarlo. Ci avreb­be pensato più tardi.

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