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Quella sera stessa, tornato a casa, Mitsuo si fece un bagno per la prima volta dopo molto tempo. Quando suo figlio era ancora vivo, era abituato a farlo tutti i giorni, insieme con lui. Ora che viveva solo, trovava troppo faticoso anche dedicarsi a quella semplice attività e così faceva quasi sem­pre la doccia.

Uscito dal bagno, appese al muro le foto dei virus e si spostò di qualche passo, per osservarli da una certa distan­za. Una delle pareti era occupata per intero dalla libreria, ma quella sopra il letto era vuota e fungeva perfettamente da schermo. Aveva sistemato le lampade in modo che proiettassero la luce solo sulle foto.

Prima appese gli ingrandimenti del virus di Mai - 17.000, 21.000, 100.000 - e si sistemò in fondo alla stanza, senza stac­care gli occhi da essi. I virus ricordavano la forma di una spi­rale... Mitsuo si concentrò, nella speranza di scorgere in quel­le immagini un elemento nuovo. Qualcosa che fino a quel momento non aveva notato...

Spense la lampada centrale della stanza per illuminare le foto con un unico faretto. Sotto quel fascio luminoso, i virus enormi sembravano arrampicarsi sulla parete. Regolò il fa­retto su un virus a forma di cordicella, ingrandito 42.000 volte. Quel tipo in particolare, così numeroso soltanto nel caso di Mai e di Asakawa... Nel corpo della giovane donna, i virus non avevano occluso le arterie coronarie, mentre in quello di Asakawa avevano formato piccole masse compat­te, sulla parete interna delle vene.

Perché i vasi sanguigni di Mai erano intatti?

Mitsuo si concentrò su quella domanda. Il virus che stava esaminando non si era attaccato alle arterie di Mai, men­tre nelle altre vittime le aveva occluse seriamente. Perché lei era l'unica eccezione?

Mitsuo ricordò una cosa e aprì l'agenda: nel tentativo di ricostruire quella vicenda, aveva annotato tutti i movimenti di Mai dalla fine di ottobre all'inizio di novembre. Sollevò una mano a schermare gli occhi così da poter leggere senza essere accecato dal faretto. L'aveva incontrata per la prima volta il 20 ottobre e, quel giorno, il suo intuito, di cui si fi­dava ciecamente, gli aveva suggerito che la giovane donna aveva le mestruazioni.

Tornò a guardare le foto sul muro. Un virus a forma di cordicella ingrandito 100.000 volte. Che impressione gli aveva fatto, anche quando aveva guardato quelle foto la prima volta in laboratorio con Miyashita? Quella piccola te­sta ovale, il corpicino ondulante... Quei virus si erano infil­trati nel sangue di Mai, però non avevano intaccato le arte­rie...

In tal caso, a cosa si erano attaccati?

Mitsuo sentì una scossa violenta alla testa. Gli si era aperto uno spiraglio nella mente, illuminata da una folgo­razione improvvisa. Qualcosa cominciava a prendere for­ma, anche se in maniera ancora indistinta. Quando aveva stabilito che Mai aveva visto la cassetta? Il 1° novembre. Dodici o tredici giorni dopo l'inizio del ciclo...

Mitsuo fece un passo in direzione del muro, poi un altro.

Le cordicelle continuavano a ondeggiare, sospingendo il virus verso una meta precisa...

Sembravano proprio spermatozoi che si muovevano in direzione dell'utero!

«Dello... sperma?» Finalmente ebbe il coraggio di pro­nunciare quella parola a voce alta.

Mai era nel suo giorno di ovulazione.

Ovvio, c'erano delle differenze, ma, in linea di massima, le donne producevano un ovulo due settimane dopo il me­struo, ed esso restava nell'utero per ventiquattro-quarantot­to ore. Quindi il giorno in cui Mai aveva visto la cassetta...

Ecco cos'era successo: il virus si era diretto verso l'utero anziché verso il cuore.

Respirando a fatica, Mitsuo si sedette sul letto. Non ave­va più bisogno di guardare l'agenda e nemmeno le foto. Ec­co perché il caso di Mai era un'eccezione: per una sfortuna­ta coincidenza, la giovane donna si trovava nel momento dell'ovulazione quando aveva guardato quel video.

In seguito...

Mentre procedeva col suo ragionamento, Mitsuo fu scos­so da un brivido. Ma era troppo tardi per interrompere il flusso di pensieri.

Una quantità enorme di virus si era infiltrata nell'utero di Mai, nel suo DNA. E l'aveva fecondata.

Pur avendo subito una mutazione, l'essenza fondamen­tale del virus restava la stessa. In una settimana, l'ovulo fe­condato aveva raggiunto la maturità ed era stato espulso dal corpo della donna. Ecco perché l'autopsia aveva rivela­to le tracce di un parto.

Ma a cosa aveva dato vita?

Mitsuo prese a tremare sempre più violentemente. Ricor­dò la sensazione provata durante la visita all'appartamento di Mai.

Ho toccato quella cosa, ne sono certo!

Nell'appartamento di Mai, apparentemente deserto, ave­va avvertito una presenza. Qualcosa di molle gli aveva sfio­rato il tallone. Di che poteva trattarsi se non di quella cosa? Una forma di vita talmente piccola che poteva sfuggire alla vista. Oppure era una creatura in grado di nascondersi in un guardaroba a muro. In ogni caso, quella cosa l'aveva toc­cato.

Incapace di controllare i brividi, Mitsuo si tolse il pigia­ma per tornare di nuovo nella vasca da bagno. Non l'aveva svuotata e l'acqua era ancora tiepida. Aprì il rubinetto per far scorrere dell'acqua bollente ed entrò. Sollevò i piedi ol­tre il bordo della vasca e prese a esaminare il tallone, pal­pandolo. Ovviamente non erano rimaste tracce del contatto con quella creatura sinistra. Ma ciò non fu sufficiente a pla­care la sua angoscia.

Rimise le gambe nell'acqua, restò immobile per un mo­mento, con le braccia intorno alle ginocchia. Cera ancora una cosa che non si spiegava. Aveva capito perché Mai era un'eccezione. Ma Asakawa?

Asakawa era un uomo...

Anche lui aveva generato qualcosa? Forse a causa del­l'acqua troppo calda, Mitsuo si sentì all'improvviso seccare la gola.

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