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Anne sentì la porta d'ingresso  chiudersi e voltò immediatamente lo sguardo verso il punto in cui era sparito il figlio, preoccupata.

Erano ormai giorni che suo figlio non parlava con nessuno in casa.

Anne aveva osservato silenziosamente ogni minimo gesto del figlio ed aveva notato che tutto ciò che faceva era: andare a scuola, tornare a casa, pranzare, fare i compiti, stare al cellulare, cenare e dormire.

Non che fosse una routine strana per il figlio, sia chiaro! Ma ciò che l'aveva portata a preoccuparsi era la costante espressione che il figlio aveva sul volto.

Non riusciva a capire cosa non andasse in lui ma era sicura che stesse succedendo qualcosa al suo bambino, qualcosa, forse, anche più grande di lui.

Avrebbe aspettato con ansia il ritorno del figlio da scuola per parlargli.

***

Harry tornò a casa quel giorno più presto del solito, precisamente con un'ora di anticipo.

Avvisò la madre di essere tornato in casa e poi andò dritto nella sua stanza pensando di poter scrivere in tranquillità un capitolo, sgranò gli occhi quando, invece, trovò sua madre seduta sul bordo del suo letto con le mani congiunte poggiate sulle cosce.

Anne lo guardò con un espressione seria in volto e batté con una mano il posto vuoto accanto al letto per farlo sedere, Harry si avvicinò titubante e si sedette accanto alla madre.

«Harry..» mormorò la donna guardandolo negli occhi.

«Ultimamente ti vedo sempre più distratto e chiuso» esordì la donna.

«Non inviti più neanche Zayn» sospirò.

Il più piccolo si morse il labbro non sapendo cosa dire.

«Cosa ti sta succedendo, bambino mio?» Domandò preoccupata.

«Non sono forse una brava madre? È forse colpa mia?» Chiese, aspettando una risposta.

Harry scosse la testa con gli occhi lucidi.

«Non devi neanche pensarla una cosa del genere, mamma» si affrettò a dire. «Non è affatto colpa tua anzi, è mia, solo mia.» spiegò con sguardo triste.

«Sono qui Harry, sono qui per ascoltarti... » mormorò la donna.

«Non chiuderti di nuovo, non rifarlo» lo pregò la donna, alludendo ad altro.

Harry annuì con le lacrime agli occhi, lacrime che scivolarono lungo le sue guance non appena sbatté le ciglia.

«Vieni qui» disse Anne con tono dolce, aprendo le braccia. Harry la abbracciò, nascondendo il viso nel suo collo.

«M-Mi dispiace» singhiozzò.

Anne gli baciò la testa, accarezzandogli la schiena.

«Non è colpa tua» lo rassicurò.

Harry alzò lo sguardo verso sua madre, guardandola negli occhi.

Anne, nonostante la tristezza che stava provando in quel momento, sorrise e gli tolse un ricciolo ribelle dalla fronte.

«Che ne dici di raccontarmi tutto, mh?» Domandò.

Harry annuì mordendosi il labbro.

«Parto col dire che, come avrai notato, oggi sono uscito prima da scuola» esordì il riccio.

Anne lo guardò interrogativa. «Beh, in effetti me lo stavo proprio domandando» lo interruppe con fare pensieroso.

«Il professor Austin oggi si è assentato» rispose.

La donna annuì. Harry rimase in silenzio per qualche minuto e poi, intuendo fosse arrivato il momento di raccontare tutto alla madre, abbassò lo sguardo.

«Harry...» mormorò Anne alzando il volto del figlio da con due dita.

«Che ne dici di raccontarmi tutto davanti ad una tazza di tè?» Domandò cercando di metterlo a suo agio.

Harry sorrise e si alzò, allungando una mano verso la donna per aiutarla ad alzarsi.

**

Louis quel giorno si svegliò sorridendo.

Per quasi due settimane si era domandato cosa non andasse in lui, arrivando anche alle più insensate conclusioni.

Era sempre di pessimo umore e questo a Niall non era per niente sfuggito - i suoi interrogatori erano un prova più che evidente.

Ma quel giorno si sentiva stranamente felice e non sapeva spiegarsi perché.

Cosa aveva di diverso quel giorno? Perché si sentiva come se tutta la felicità del mondo si fosse improvvisamente trasferita nel suo corpo?

Fu con queste domande che Louis si alzò per fare colazione quella domenica mattina, salutando con un enorme sorriso la sua famiglia.

Lottie e Félicité lo guardarono scioccate, per poi scambiarsi uno sguardo d'intesa.

«Alla buon'ora! Come mai tutta questa felicità?» Domandò Félicité fingendosi annoiata.

La verità era che moriva dalla voglia di sapere chi o che cosa avesse tirato su il morale del fratello. Per giorni ci avevano provato ma senza ottenere alcun risultato.

Louis alzò le spalle non sapendo cosa dire.

Lottie lo fissò non credendo  minimamente alla sua risposta e lui la ignorò iniziando a sorseggiare la sua tazza di latte.

«Che c'è?» Chiese sentendosi osservato.

Félicité fece il face-palm mentre Lottie scosse la testa.

Fece spallucce non capendo il loro comportamento.

Improvvisamente sentì il suono di una notifica provenire dal suo cellulare.

Sgranò gli occhi e, con mani tremanti, sbloccò il cellulare.

Sbuffò rumorosamente quando lesse il nome del mittente.

Stan: Hey bro! Domani passo a prenderti al solito orario?

Alzò un attimo lo sguardo, trovando Lottie che lo fissava con insistenza.

Si alzò dal tavolo con un broncio e si diresse verso la sua stanza.

Non appena entrò nella sua stanza, la chiuse a chiave e si buttò a peso morto sul letto, affondando il viso nel cuscino.

Il suono di un'altra notifica gli fece sgranare gli occhi.

Scosse la testa non muovendosi neanche di un millimetro dalla posizione in cui si trovava.

Dieci minuti dopo - che Louis aveva bellamente trascorso con il volto affondato nel cuscino - si decise a prendere il suo cellulare.

Quando sbloccò il cellulare spalancò la bocca scioccato, pentendosi di non aver preso prima il cellulare.

Iniziò a saltellare per tutta la stanza come un idiota, urlando di gioia.

AngeloRiccio: Hey Louis...


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