Twenty three.

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L'ospedale aveva un odore di speranza, di vita, di morte.
Un ragazzo biondo e dagli occhi azzurri come il cielo era appena entrato in sala rianimazione.
Un altro ragazzo, moro con gli occhi verdi, piangeva inginocchiato davanti alla porta e pregava chissà quale Dio dicendogli di salvare la sua persona, la persona che gli dava la forza di alzarsi la mattina e una ragione per continuare a vivere nonostante tutto ciò che aveva passato.

Passarono ore e ore, nessuna notizia. Ogni tanto usciva qualche infermiere da quella porta ma nessuno voleva dirgli nulla.
Stava così male?
Lo aveva perso?
L'idea di perderlo per sempre gli offuscava la mente, gli faceva perdere le forze, faceva morire anche lui.
Quell'angelo dagli occhi color cielo, come amava chiamarlo lui, stava per volare, stava per tornare da dove era venuto: il paradiso.

La porta sbatté ancora una volta. Il moro aveva ormai perso le speranze di avere qualche notizia su Federico prima di una settimana, quindi non corse verso di lui come aveva fatto le volte scorse, ma continuò a giocherellare con la zip della sua felpa.
-"C'è qualche parente o amico del signor Rossi?" chiese l'uomo col camice bianco mentre teneva in mano una cartella.
Quel nome per Benjamin era come un richiamo.
Di scatto alzò la testa e corse verso di lui.
-"Eccomi"
-"Lei è il ragazzo che lo ha accompagnato?" chiese l'uomo.
-"Si, vi prego ditemi che è vivo."
-"È vivo."
Una lacrima di gioia scese sul volto del moro.
-"Ma sta male, molto male."
-"Sapete cosa è successo?" chiese il moro.
-"Te lo diciamo noi cos'è successo."
Benjamin si girò e vide due agenti della polizia schierati davanti a lui. Annuì.
-"Qualcuno ha investito il suo amico" parlò un uomo sulla quarantina, alto e robusto.
Il suo cuore perse un battito.
-"Io lo uccido" sussurrò.
-"Lei non uccide nessuno, ci penseremo noi. Abbiamo già una decina di sospettati e il ragazzo appena si sveglierà dovrà parlare con noi" disse l'altro.
-"Va bene, dottore posso vederlo?" chiese rivolgendosi all'uomo.
-"Bhe in realtà non potrebbe, ma vedendo quanto gli vuole bene..."
-"Grazie dottore" accennò un sorriso.
Entrò nella buia stanza e il rumore dei macchinari fu la prima cosa che sentí.
Dopo abbassò lo sguardo e lo vide.
Inferno.
Federico era sdraiato su quel lettino bianco. Aveva tante ferite sul volto tra cui una molto profonda vicino all'occhio.
Una gamba ingessata e non si muoveva.
Neanche accennava un movimento.
Erano ormai tante le lacrime che gli scendevano dal viso.
Sì avvicinò piano al corpo del biondino e si sedette vicino a lui.
-"Cosa ti ho fatto..." disse accarezzandogli delicatamente il viso.
Si sporse e baciò una per una le ferite che gli ricoprivano il volto.

È lui? Sì, è lui.
Finalmente è tornato.
Voglio abbracciarlo, non ci riesco.
Voglio baciarlo, per favore...
Sta piangendo, lo sento.
Mi accarezza, sono in paradiso?
Voglio svegliarmi, perché non ci riesco?
Colpa sua?
Perché cos'ha fatto?
Ah, ricordo...
Voglio stringerlo e dirgli che non è stata colpa sua.
Non ce la faccio...

-"Tu, piccolo angelo, sei la mia forza, non saprei come vivere senza di te e ti prego, svegliati. Se te ne vai vengo via con te, te lo giuro. Torna a dare vita alle mie giornate, torna a illuminare la mia vita, torna a dare il tuo profumo alla mia casa, torna ad essere la mia persona."

Io lo amo.
Adoro quando mi chiama così.
Ora mi alzo e lo perdono.
Provo ad alzarmi, metto tutta la forza che ho ma...
Non sento più nulla.
Amore mio aiutami.

Biip. Il suono di un fastidioso macchinario si ripeteva in modo continuo. Solo dopo il moro capì che era quello che segnava i battiti del cuore.
Il suo cuore non batteva più.
-"Dottore aiuto!" urlò con tutto la forza che aveva.

*Angolo autrice*
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I Will Always Love You || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora