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Will compilò gli ultimi documenti, qualche firma e quei fogli si aggiunsero alle scartoffie che già giacevano su un angolo della sua piena scrivania. Sconsolato si guardò intorno, guardò quel mucchio di carte che aveva redatto e non ricordava neppure quando. Doveva decisamente assumere un assistente o avrebbe finito per non vedere neppure il legno scuro della scrivania. Prese tra le dita la targhetta ripensando all'arresto che aveva fatto poco prima; era la quarta volta in un mese, doveva decisamente fare qualcosa. In fondo era anche merito suo se ora la targhetta che stringeva tra le mani diceva L.A. PD Detective W. Kinney, capo.

Aveva la sua squadra e la sua carriera aveva fatto dei passi da gigante da qualche anno a questa parte, da quando aveva lasciato New Orleans, ed era stato merito suo in gran parte. "Ah" mormorò. "Perché non riesci a capire che sto provando ad aiutarti?" Ci stavano provando tutti per quel che ne sapeva ma lei era dannatamente testarda e anche terribilmente triste. Glielo si leggeva negli occhi, in quei begli occhi nocciola che sapevano sorridere ma che non lo facevano da troppo. Da cinque lunghi anni.

Tre colpi decisi alla porta e la testa dell'agente Miranda Colt fece capolino. "Capo, la persona che aspettava è qui."

Lui le sorrise posando la targhetta dopo averle dato un'ultima rapida occhiata. "Fallo entrare, per favore."

La donna annuì indietreggiando, fece cenno a qualcuno e la porta si aprì pochi secondi dopo; Matthew Morgan fece il suo ingresso e la richiuse piano.

"Will" lo salutò mettendosi a sedere. "Cos'ha fatto questa volta?"

Il detective si schiarì la voce, prese un piccolo fascicolo e glielo porse. "Ha picchiato un tizio che, a suo dire, ha picchiato la moglie. Gli ha rotto il naso, e due costole o almeno questo è quello che ha detto il paramedico che è intervenuto sulla scena."

Matt lesse il file, girò la pagina con due dita e si passò l'altra mano sulle labbra. "Vuole sporgere denuncia?" gli chiese guardandolo.

"Sia lui che la moglie vogliono farlo. Lei sostiene che sono entrambi stati aggrediti di punto in bianco mentre si stavano occupando delle loro cose."

"Questo è ridicolo, non avrebbe mai aggredito delle persone di punto in bianco e tu lo sai."

"Sì, lo so Matt" Will rimise il fascicolo nella pila. "Ma non dipende da me. È la quarta volta in un mese che la copro e so che sta attraversando un momento terribile, ma..."

"Ma deve smetterla di agire così impulsivamente. Sì, lo so." Matt fece un grosso respiro. "Posso vederla adesso?" Il detective si alzò, un bicchiere di Starbucks in una mano e una penna nell'altra. Gli fece segno di seguirlo e l'altro lo fece.

Percorse di nuovo quel lungo corridoio che portava alle celle e si ritrovò a pensare che l'aveva fatto fin troppe volte negli ultimi anni. Conosceva a memoria le stazioni di polizia di almeno metà stato e non era una cosa di cui andare fieri.

Terza sulla sinistra pensò mentre Will lo precedeva. Ma il detective tirò dritto.

"Dove stiamo andando precisamente?" chiese perplesso. "Sono quasi sicuro che le celle siano dall'altra parte" disse indicandolo la sinistra con una mano.

"L'ho messa nella sala interrogatori, oggi è stata una giornata piena di arresti, le celle sono occupate." Si fermò e indicò una porta. "Entra pure."

Matt aprì la porta e piegò il capo fissando lo sguardo su di lei. Stava seduta sulla sedia, le braccia intrecciate e le gambe allungate sotto il tavolo. Aveva un'espressione annoiata sul viso smagrito e una ferita sull'occhio destro. "Stai bene?"

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