Percorremmo Madison Avenue in silenzio finché non entrammo al Macy's Caffè, sette minuti dopo.
Il locale era piccolo ma accogliente. L'odore di caffè era nell'aria, muri dipinti di azzurro chiaro, qualche foto appesa di vecchi musicisti e un grande orologio formato vinile nella parete dietro al bancone segnava l'ora. Riuscivo a contare sì e no una decina di tavoli con delle poltroncine bianche, quasi tutti occupati. Mentre prendevamo posto vicino alla vetrata che dava sulla strada, diedi un'occhiata alle persone: un uomo di mezza età sorseggiava il proprio caffè leggendo il New York Times, una ragazza mangiava dei pancakes e scriveva qualcosa al computer, un gruppo di tre ragazzi (due maschi e una femmina) beveva dei cappuccini e finiva i compiti, una donna al bancone parlava con un uomo in giacca e cravatta e tre cameriere andavano da una parte all'altra della caffetteria per servire i clienti, mentre una donna più vecchia delle altre se ne stava alla cassa.
"Cosa prendi?" Chiese David.
Presi uno dei menu messi a disposizione e diedi una veloce occhiata.
Una delle tre ragazze, Alice lessi dal cartellino pinzato sulla sua divisa, si avvicinò al nostro tavolo.
"Buongiorno e benvenuti al Macy's! Cosa posso portarvi?"
David ordinò per primo.
"Un cappuccino e delle uova con bacon, grazie. Tu?" Si rivolse a me.
"Per me un thè verde, grazie."
"Solo? Non dirmi che non mangi a colazione, è il pasto più importante della giornata." Disse lui.
Lo guardai imbarazzata. Aveva ragione, infatti spesso venivo rimproverata dal Dottor Smith e non solo.
"Metta anche una porzione di pancakes, grazie." Aggiunse.
Alice si appuntò l'ordine e se ne andò verso la cucina con un "Arrivano subito".
"Non fa bene saltare la colazione." Esortò lui interrompendo il silenzio creatosi.
"Lo so, però non ho mai tanta fame. Proverò a mangiare di più."
"Promesso?"
"Promesso."
Annuì con un sorriso.
"Come mai hai deciso di fare il medico?" Chiesi di punto in bianco curiosa.
Sembrò sorpreso, non si aspettava una domanda del genere.
"Mia madre è stata un'infermiera per anni al pronto soccorso del Memorial Hospital di Manhattan e da diciotto anni è dottoressa, una pediatra. E' stata lei a volersi trasferire dalla Florida perché le avevano offerto il lavoro. Ho sempre avuto una predisposizione ad aiutare gli altri e all'età di quattordici o quindici anni mi sono appassionato alla medicina, anche grazie a lei."
"Ringraziala da parte mia." Mi accorsi di aver parlato senza filtro cervello-bocca, non succedeva mai.
"Per quale motivo dovrei..." Non fece in tempo a finire la frase che arrivò Alice con le nostre ordinazioni.
"Ecco a voi. Buon appetito." Sorrise.
Sistemò le due tazze e i piatti sul tavolo e se ne andò di nuovo.
Presi fra le mani il mio thè e cominciai a sorseggiarlo, David fece lo stesso con il cappuccino.
"Dicevo... Perché mi hai chiesto di ringraziarla?"
"Perché adesso sei qui ed è anche merito suo." Per la seconda volta in pochi istanti avevo dato voce ai miei pensieri.
Mi parve imbarazzato per la mia affermazione ed io diventai tutta rossa per il disagio.
Ottimo, bella mossa Veronica!
Da quando in qua dici quello che pensi senza pensarci dieci volte?
Posai la tazza, con la forchetta tagliai un pezzo di pancake e me lo misi in bocca.
"Comunque..." Dovevo inventarmi qualcosa per cambiare discorso.
"Tu hai degli hobby? Delle passoni?" Domandò.
"Amo la musica e la danza. Prima di scoprire della malattia ho fatto danza classica. Credo sia stata l'esperienza più bella della mia vita e nonostante l'età, ricordo ogni particolare, ogni emozione e il senso di libertà che mi trasmettevano i singoli movimenti. Darei tutto pur di riviverlo ancora una volta. So che non potrò mai farlo da professionista, ma da quando sono arrivata all'istituto non ho più messo piede in una sala da ballo. Non l'ho mai detto a nessuno, probabilmente nemmeno Matt ed Alex lo sanno." Confessai.
"Ho un'idea. Fai una lista di tutte le cose che non sei mai riuscita a fare o che ti piacerebbe provare, ne discuteremo insieme e se sono possibili, ti aiuterò a realizzarle."
"Stai scherzando?" Chiesi allibita.
Fece di no con la testa, masticando la forchettata di uova e bacon che aveva appena mangiato.
"Faresti questo per me?"
"Certo. Sono qui per aiutarti."
"Lo so, sei il mio dottore. Ma non sei obbligato a fare tutto questo, voglio dire, è strano."
Non ne sapevo molto ma una cosa era certa: non era un semplice legame medico-paziente. Nessun dottore si comportava in modo così confidenziale come faceva David con me e di sicuro, per quanto un medico volesse aiutare il proprio paziente, non avrebbe mai fatto quello che lui stava facendo.
Mi piaceva il rapporto che stavamo instaurando, però non lo trovavo normale.
"Posso farti una domanda?" Gli chiesi subito dopo.
"Spara."
"Perché fai tutto questo? I dottori che ho conosciuto, e credimi ne ho visti tanti, non si sono mai comportati come te. Sarà perché sei più giovane, ma non credo che sia giusto."
"Vuoi dire che non ti va bene?" Fece una breve pausa e poi continuò: "Mi dispiace, so di essere entrato nella tua vita all'improvviso e di averti scombussolato tutto. Credimi vorrei solo esserti d'aiuto perché quando ho saputo di te mi sei sembrata così... così sola e triste. Nemmeno io ho avuto un'infanzia felice e ho pensato che... Se ti ha dato fastidio il mio comportamento ti chiedo scusa, se vuoi possiamo avere solo un rapporto professionale. Io..."
"Mi sta bene così." Lo interruppi. "Cioè, a me piace che tu non sia solo il mio dottore. Non esprimo facilmente i miei pensieri e sentimenti, in qualche modo con te mi riesce più semplice. Solo ho trovato strano che qualcuno, specialmente tu, si interessasse a me così profondamente e mi è sembrato giusto chiederti il perché."
"Non c'è un perché. Sono fatto così e conoscendoti ho voluto sbilanciarmi un po' di più." Rispose.
C'era qualcosa in lui che mi diceva non fosse del tutto sincero, che ci fosse qualcos'altro sotto, ma per il momento decisi di credergli.
Finita la colazione lui pagò il conto alla donna, Macy, che stava alla cassa e tornammo in orfanotrofio giusto in tempo per la lezione di matematica.
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Buonasera miei cari lettori!
Vi è piaciuta la loro prima colazione insieme?
Come vi sembrano i nostri due protagonisti? Secondo voi David nasconde qualcosa o semplicemente vuole solo aiutare la piccola Veronica?
Fatemelo sapere con commenti e stelline,
al prossimo aggiornamento ♥
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BE BRAVE, LIVE
RomanceVeronica Summers diciassettenne. Vive in orfanotrofio da quando ha dieci anni. Soffre di una patologia cardiaca che non le permette di vivere come vorrebbe. Ha lottato per tanti anni. La vita è dura e la voglia di mollare è tanta. Ed è proprio in...