Capitolo 22

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22.


Dopo aver sistemato attorno alla vita del figlio una pesante cintura di cuoio dalla fibbia di ottone, a forma di testa di lupo, Eikhe sorrise soddisfatta e annuì.

Con calma, allacciò il fodero della piccola daga che Harm le aveva donato per An e infine disse: "Stai davvero benissimo, tesoro."

Ammirandosi con aria eccitata, le braccia che si muovevano veloci avanti e indietro, mentre il capo si voltava da parte a parte per scrutare la sua nuova, primissima arma da taglio, Antalion esclamò: "Wow, ma è bellissima, ma'! Il nonno è un mito!"

Ridendo nel vederlo così eccitato, nonostante sapesse che era infine giunto il tempo di insegnargli a usare l'arma che aveva accettato di porre nella sua mano, Eikhe si rialzò con un sorriso orgoglioso.

Poggiate le mani sui fianchi, fissò quegli occhi in tutto simili ai suoi e disse con un sospiro: "Sei proprio tutto tuo padre."

Come sempre, Antalion fu ben attento a non pronunciare la fatidica domanda che, ormai da dieci anni, gli frullava nella testa.

L'unica volta che aveva osato pronunciarla, aveva scatenato il pianto della madre, le ire di zia Sendala e lo sguardo triste di zio Enok.

Era evidente dai discorsi dei nonni e di zio Konis quanto loro, invece, non sapessero assolutamente nulla di suo padre.

Chiedere di nascosto a loro sarebbe stato perfettamente inutile, ma ormai gli sembrava di essere abbastanza grande per sapere qualcosa del misterioso uomo che, a quanto pareva, la mamma non aveva mai dimenticato.

E che, nelle notti più fredde d'inverno, lei piangeva in silenzio nella sua stanza.

Mordendosi il labbro inferiore con fare titubante, una mano leggermente tremante mentre si posava sul gomito della madre, Antalion la fissò serio nei suoi occhi ambrati e chiese con un filo di voce: "Mamma, posso sapere chi è mio padre?"

La sentì immediatamente irrigidirsi, mentre gli occhi venivano momentaneamente oscurati dalle palpebre, e un pallore evidente si manifestava sul suo viso perfetto e bellissimo.

Subito, Antalion si pentì di aver proferito parola ma Eikhe, prendendo un gran respiro nel tentativo di prendere coraggio, sospirò e prese sottobraccio il figlio, che ormai le giungeva quasi alla spalla.

"Andiamo a sederci in casa, An."

Storcendo il naso nel sentire quel nomignolo che trovava ormai fin troppo infantile, Antalion preferì non rimbeccare la madre per paura che perdesse la voglia di parlargli.

In silenzio, entrarono così nella baita, dove una pentola di minestrone stava ribollendo tranquilla sulla stufa accesa.

Sul tavolo in legno, un bel centrotavola di vimini era ricolmo di frutta fresca mentre, sul camino, il palco dell'ultimo cervo catturato dalla madre faceva bella mostra di sé con la sua imponente e ramificata struttura.

Negli anni, quel rifugio era divenuto un'autentica casa per tutti loro.

Dopo tanti sacrifici, ora potevano tranquillamente vivere senza il pensiero fisso sul denaro utile per la loro sopravvivenza.

I lavori della madre erano più che degnamente venduti nell'emporio locale di Marnha mentre, la selvaggina che Sendala catturava, andava a rimpinguare la locanda della cittadina, oltre ad alcune ville di nobili signori delle montagne.

Nel complesso, vivevano più che dignitosamente.

Inoltre, nonna Ildera, nonno Harm, zio Konis e zia Tyura non mancavano di mandare loro dei regali, anche senza badare ai loro onomastici.

Il Marchio di Hevos - Cronache di Enerios Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora