Capitolo 25

663 44 2
                                    



25.


Aprendo gli occhi dopo un lungo e piacevole sonno ristoratore, Aken li sgranò di colpo quando, a sorpresa e con una certa apprensione, si ritrovò a fissare da vicino gli occhi ambrati del figlio.

Accomodato su una sedia accanto al suo letto, il mento poggiato sulle mani, era tutto intento a guardarlo con aria pensierosa.

La sera precedente, tra frasi imbarazzate e risolini sciocchi, i due si erano augurati la buona notte, rimanendo al buio di quell'ampia stanza che, solitamente, Antalion non divideva con nessuno.

Almeno per quanto lo aveva riguardato, Aken aveva passato ore senza riuscire a dormire, godendosi unicamente il rumore ritmato del respiro del figlio, a pochi passi da lui e disteso sul letto.

Doveva essersi addormentato solo a notte tarda ma di certo non si era aspettato, il mattino seguente, di ritrovarselo così vicino, e con gli occhi puntati addosso da distanza ravvicinata.

Sobbalzando leggermente sulla sedia, come il padre nel letto, Antalion si ricoprì di purpureo imbarazzo prima di alzarsi frettolosamente – rischiando di ribaltarsi, nel farlo – e biascicare stentate scuse e un mezzo 'buongiorno'.

Passandosi una mano tra il folto dei capelli neri, e striati sulle tempie da qualche filo argenteo, Aken abbozzò un risolino.

"Come mai tanto interesse per il mio sonno? Russavo?"

"Eh? No, no" scosse il capo il figlio, volgendogli le spalle per raggiungere la sua cassapanca ed estrarre una casacca pulita, che indossò con movimenti nervosi e insicuri.

Levatosi da letto con un sorrisino divertito dipinto sul volto, l'uomo si tolse la camiciola che aveva usato per dormire.

Dopo aver sollevato una delle sacche da viaggio sul letto, ne estrasse una pulita e fresca prima di indossare un paio di brache e le calze.

Nel farlo, però, mise in mostra il torace nudo al figlio che, sgranando leggermente gli occhi alla vista delle sue molteplici cicatrici, gli domandò: "E quelle? Te le sei fatte in battaglia?"

Allacciandosi lentamente la camiciola di lino, Aken annuì.

"Tutte rimediate in battaglia, sì, ... quando avevo qualche anno più di te."

Con passo incerto, Antalion si avvicinò al padre, continuando a osservarlo da sotto le lunghe ciglia scure e, morsosi pensoso un labbro, chiese ancora: "E' stato... beh, la guerra, è stata dura?"

"Intendi quella contro Vartas?" chiese a sua volta Aken, infilando i lembi della camicia nelle brache di pelle conciata.

Annuendo, Antalion si guardò intorno con aria persa, prima di chiedergli di getto: "Hai avuto paura di morire?"

Sorridendogli, l'uomo si sedette sul letto per infilare le calze di lana e i bassi stivaletti di cuoio, dopodiché tornò a fissarlo per dirgli onestamente: "Paura? L'avevo ogni giorno, ma non tanto per me, quanto per mio fratello. Mi sentivo responsabile per lui, e non volevo si facesse male. Inoltre, dovevo pensare a tutti i miei soldati, alle figlie sacre, alle donne-lupo,... a tutti coloro che erano giunti lì a combattere per un mio ordine. Non avevo tempo per avere paura solo per me stesso."

"E pensavi mai alla mamma?" chiese allora Antalion, tornando ad arrossire.

Con un risolino, Aken celiò: "Anche troppo. Mio fratello, una volta, mi rimbrottò, dicendomi che mi sarei fatto ammazzare, se non avessi smesso di pensare così tanto a lei. E ci andai vicino, una volta."

Il Marchio di Hevos - Cronache di Enerios Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora