Capitolo 30

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30.


Aggiustandosi forse per la ventesima volta il colletto della camicia, che indossava sotto una tunica scura lunga al fino al ginocchio, Konis fissò con un mezzo sorriso il cognato e il padre, prima di ridacchiare.

"Non sembro un completo idiota, vero?"

Aken scosse il capo e, poggiate le mani sui fianchi, chiosò: "L'uomo che non si dimostra nel panico totale prima del matrimonio, non è un vero uomo."

"Tu non ti sei sposato con mia sorella, quindi come puoi dirlo?" replicò bonariamente Konis, guardandosi nell'alto specchio che aveva in camera sua.

La tunica che la sorella aveva cucito durante l'inverno per lui, gli stava a pennello.

I neri pantaloni erano perfettamente infilati in alti stivali di cuoio lucido, mentre il rubino che brillava nel bel mezzo del plastron – dono di Aken – non si era mosso di un millimetro, nonostante i suoi ripetuti ritocchi.

Da quel poco che aveva capito della storia di quella spilla, il principe l'aveva condotta con sé come regalo per Eikhe.

Una volta raggiunto il villaggio di Hyo-Den, aveva però compreso quanto inutile sarebbe stato, per l'amata, e così l'aveva semplicemente conservata in attesa di uno scopo più elevato.

Non appena aveva saputo del matrimonio suo e di Ylliana, aveva compreso come usarla, così gliene aveva fatto dono con la più calda approvazione di Eikhe stessa.

Sfiorando quel prezioso per l'ennesima volta con reverenziale timore, Konis tornò a voltarsi in direzione di Aken e chiese: "Sicuro che vuoi regalarmela?"

Ridacchiando, Aken gli diede una fraterna pacca sulla spalla e disse sinceramente: "Se potessi, te ne regalerei anche altre, ma sfortunatamente le ho lasciate a Rajana. Credimi, è tua."

"Beh, grazie" sorrise allora Konis prima di guardare il padre e chiedere: "Sai a che punto sono messe, di sotto?"

Con un sogghigno che sapeva di consapevolezza ed esasperazione assieme, Harm scrollò le spalle e dichiarò: "Mykos e Luak stanno piantonando le scale e, al minimo cenno di intrusione, ringhiano come forsennati. Non ci penso proprio a scendere per dare un'occhiata!"

"Vedrai che, quando le signore saranno pronte e il Sacerdote di Iralva arriverà per la benedizione, ci chiameranno" sentenziò Aken, saggiamente.

Anche se, in principio, gli era parso praticamente scontato chiedere in moglie Eikhe, dopo averla ritrovata, Aken aveva presto compreso quanto, quel sacramento, fosse nel loro caso del tutto inutile.

Hevos lo trovava superfluo, poiché la semplice promessa dell'amore imperituro bastava a rendere grazie al suo nome.

Poiché Aken era entrato a pieno titolo nella tribù, ed era da tutti considerato un figlio del branco, non aveva avuto senso perdersi in simili, vecchie abitudini.

Inoltre, visto che lui aveva avuto l'indubbio onore di conoscere e parlare con Hevos stesso per quasi due settimane, e aveva compreso il suo pensiero meglio di chiunque altro, sapeva di non aver sbagliato a non chiedere la mano di Eikhe.

Erano compagni, di nome e nello spirito, e tanto bastava, sia a loro che alla famiglia di Eikhe, che aveva compreso senza bisogno di tante spiegazioni le motivazioni di entrambi.

Un rumore di passi, dabbasso, richiamò la loro attenzione e, pochi attimi dopo, con un paio di colpetti alla porta, entrò Antalion.

Unico a essere stato ammesso al piano inferiore, sorrise agli uomini presenti e dichiarò: "Enok è arrivato assieme al Sacerdote, e ora sta parlando con la futura sposa. Dice di tenersi pronti."

Il Marchio di Hevos - Cronache di Enerios Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora