Cap.9

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Arrivammo davanti a una casa abbandonata quando il sole stava tramotando, Jack mi teneva ancora la mano come se avesse paura che io scappassi, anche se lo facessi non saprei dove andare.

La figura della scatola non la vidi per tutto il giorno, Jack disse che la teneva lui, ma dove? Non credo che una tasca normale può contenere una scatola di quelle dimensioni, non che fosse troppo grande, ma non è neanche troppo piccola.

Entrammo dentro alla casa, però prima Jack si guardò intorno ed infine entrò, ci condusse verso il piano superiore dove si trovava un materasso malandato ma anche comodo, mi fece sedere lì mentre lui si sedette per terra davanti a me e il cucciolo, che nel frattempo dormiva come un ghiro.

"Jack."

"Mh?"

Non sapevo se chiederglielo oppure no, ma mi feci coraggio e chiesi la domanda che mi stava divorando da quando ho aperto quella lettera: 'ma mia madre conosce Jack? Jack conosce mia madre?'

"Jack, tu conoscevi mia madre?"

Vedo il suo sguardo farsi interrogatorio ma anche pensieroso, il silenzio regnò sovrano nella stanza ma il rumore delle macchine e dei passanti ci faceva un pò di compagnia.

"Non sò, com'era?"

Scuoto il capo per dire che non lo sapevo neanche io, Jack tirò fuori dalla manica la lettera e me la porge, sgrano gli occhi a vederla fra le sue mani.

La presi titubante, era chiusa e sembrava che nessuno l'avesse letta, sospirai di sollievo ma il viso di Jack si stava facendo curioso e sorrisi per la sua faccia da bambino, un sorriso che non sorgeva in superficie da 16 lunghi anni, un sorriso sincero.

"Cosa vuoi chiedermi, Jack?"

"È di lei la lettera?"

"Già. Riusciresti a riconoscere la scrittura?"

"Posso provarci."

Ridò la lettera a Jack, lui inizia ad aprirla per poi leggerla, il suo sguardo prima era dubbioso ma poi cupo.
La rimise nella busta e me la porge di nuovo, la presi e la misi nella tasca del pantalone.

Cosa ha ora? 

"Che succe-"

"La conosco."

Rimasi zitta a fissare Jack mentre lui fissava me, il suo sguardo di ghiaccio diceva mille cose come un libro aperto in mezzo a mille anafalbeti, perché si, quello sguardo diceva mille cose ma che nessuno è mai riuscito a capire.

Poso il cucciolo sul materasso e mi alzo avvicinandomi a Jack, mi abbasso alla sua altezza senza smettere di guardare dritto nei suoi occhi, mi divisi di staccare il contatto per abbracciarlo, avvoli le mie braccia dietro al suo collo mentre gli accarezzavo il capo, lui abbassò quest'ultimo appoggiandolo sulla mia spalla e mi strinse a sé, senza dire nulla.

"Sfogati, Jack."

Sento il suo corpo avere alcuni scatti, delle goccie mi bagnano il tessuto della maglia e dalla sua bocca escono dei lamenti tipici del pianto ma strozzati, Jack non si vuole far vedere debole.

Guardo il muro davanti a me con occhi sofferenti, stringo i denti per cercare di non scoppiare a piangere ma una lacrima ribelle si fà beffe di me, dopo di essa ne escono altre ma il pianto è silenzioso non ha bisogno di lamenti per essere capito.

Dopo un pò la finiamo tutte e due, Jack mi stringe di più a sé mentre cerca di riprendere il fiato perso nel pianto.
Gli accarezzo il capo chiudendo gli occhi, la mia presa diventa debole e finisco per addormentarmi tra le braccia di Jack.

In the box [Laughing Jack] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora