Capitolo 4

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Cammino con passo svelto,per le strade bagnate di Mountain Hole,riparandomi dalla pioggia con il mio ombrello rosso.Le macchine scorrono,a velocità moderata,a differenza delle persone che sono a piedi.
Tutti corrono,le loro facce sono indescrivibili.Un misto tra rabbia e confusione,gli unici che si meravigliano ancora della pioggia sono i bambini,che vogliono saltare sulle pozzanghere.I bambini sono così sinceri,sono così innocenti che per loro tutto è qualcosa di nuovo mai visto.Nonostante per noi grandi ormai non è più nulla una novità.La psicologia infantile è sempre stata un taboo per me è per questo motivo che ho deciso di intraprendere quel campo.Mi iscriverò all'Università di New York appena avrò qualche soldo in più da permettermelo.Nel frattempo grazie,al diploma che ho susseguito al college,riesco ad arrotondare facendo come secondo lavoro la baby sitter.Al momento guardo solo i bimbi di mia cugina,che non mi da molto,ma riesco a sfamare qualche vizietto.Gli altri giorni lavoro in una caffetteria proprio nel cuore di Mountain Hole.Il titolare è un carissimo amico di mio padre.Che mi ha assunta per fare un piacere a lui,piuttosto che a me.Non sono assolutamente portata per fare la cameriera,ne tanto meno per fare il caffè.Tutto il contrario.Ma la prendo come un'esperienza in più che mi potrà sempre servire.
Per di più sono molto orgogliosa e odio dover chiedere soldi ai miei genitori per qualsiasi minima cosa.Me la voglio cavare da sola,voglio guadagnarlo con il sudore della mia fronte da poter andare a giro a testa alta e dire a tutti "Questo è merito mio!".E sarà così.
Ho i piedi intorpiditi dal freddo,e la pioggia non aiuta affatto.Gli stivali hanno preso un colore più scuro di quello che sono,proprio per colpa dell'acqua.Da marrone chiaro,sono marrone scuro.In particolar modo la punta dello stivali.Quasi diventata nera.
Alzo lo sguardo dagli stivali al cielo,un cielo buio e completamente grigio,continuando a buttare sul terreno pioggia incenssante.E sembrerebbe proprio che oggi non voglia darci tregua.Qualche goccia mi cade sul viso,rigandomi la guancia.Mi rinfresca il volto accaldato.Non ne capisco il motivo.Ma poi tutto mi ritorna alla mente.Lui.Quei due occhi neri così semplici ma anche così...Beh,non trovo un'aggettivo corretto per descriverlo.Parlavano da se.
Aspetto in fila sulle strisce pedonali insieme alle altre persone.Aspetto che il semaforo diventi verde in modo da attraversare la strada.Si accende il giallo lampeggiante e le ultime macchine sfrecciano veloci sull'asfalto per non farsi beccare dal rosso.
Verde.
Adesso tocca a noi.
Quindici,sono le enormi strisce bianche quasi sbiadite sulla pavimentazione,che portano da una parte all'altra.
Per un momento sembra che il tempo rallenti e che tutti camminino,invece di correre.Per un momento sembra tutto così normale.Mi giro a guardare verso l'incrocio vuoto.Ci sono solo le strisce bianche e le gocce di pioggia che continuano a cadere sull'asfalto,creando varie tonalità di bianco e grigio.Riflettendo le immagini dei grandi palazzi intorno a noi.Sembra che tutto sia fermo.Ed è così.Per qualche strana ragione tutto ha cessato di muoversi.Anche le persone sembrano diverse,quasi più serene.Tutto viaggia a rallentatore per un millesimo.L'ultimo millesimo.Prima di ricominciare il via vai di sempre.
Ed è di nuovo rumore.

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