CAPITOLO 12

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JUSTIN'S POV

" Ero avvolto da una incontaminata campagna, a stento riuscivo a ricordare quei campi arati e quella fresca vegetazione. Mi sarei volentieri fermato a contemplare la bellezza del paesaggio ma avevo una certa voglia di arrivare in fretta a Bainville che placava ogni mio desiderio. Fuori regnava la pace e la tranquillità, piccole case contornavano quel luogo. L'unica cosa che rendeva triste tutto questo era che il posto era privo di gente, era come se quel luogo fosse deserto e tutto questo era deprimente. Il cielo azzurro, cosparso di nuvole bianche,sovrastava lebasse montagne, creando una piacevole atmosfera. A poca distanza dai miei occhi c'era una cartello mal messo: 25 kilometri a Bainville. Mancava meno di mezz'ora ma avrei voluto mancasse una vita. Non ero ancora pronto a tornare a casa mia e se qualcuno mi avesse riconosciuto? Come avrei reagito nel rivedere tutti quanti? Era una cittadina con pochissimi abitanti e le voci giravano, tutti conoscevano tutti e per quanto mi faceva schifo ammetterloio ero quellopiù conosciuto. L'orologio ormai segnava l'ora di pranzo e ne io, ne April avevamo mangiato. Il mio stomaco si stava giusto lamentando mentre April ancora dormiva in una posizione talmente scomoda che se al suo risveglio non avesse avuto dolori al collo mi avrebbe insegnato le sue tattiche. Guidavo con prudenza e a discapito delle altre volte andavo lento, non fioravo nemmeno il limite di velocità. Non volevo arrivare a Bainville, ma qualcosa mi diceva che avrei dovuto farlo o non avrei scoperto niente. Accesiuna sigaretta per moderare la mia ansia, era tutto ciò che mi serviva anche se avrei preferito farmi in vena, avrebbe reso tutto più veloce e soddisfacente. Sentì provenire alla mia destra strani mugugnamenti e lamentele, April si svegliava sempre così. Voltai il mio sguardo verso il suo, aveva l'aria stanca e spenta. - Perchè non mi hai svegliata?- chiese strofinandosi gli occhi per vari secondi per poi fissarmi. - Mi sono risparmiato quattro ore di pura noia senza la tue costanti chiacchere- risi alla mia affermazione e lei alzò gli occhi al cielo. Se io ero quello che offendeva ogni volta, lei era quella troppo permalosa e un giorno glielo avrei rinfacciato. Mi avvicinavo sempre di più a destinazione e il cuore palpitava ad ogni kilometro compiuto. Afferai dal cruscotto un pacchetto di sigaretterimasto lidentro da due giorni se non di più, apparteneva a Chris; presi una canna e la portai alla bocca per poi accenderla. Era appagante come quella sostanza ti facesse sentire meno teso e più rilassato. - Ti stai drogando?- mi chiese April - in caso non lo sapessi, tornare qua non comportava il fatto di tornare a drogarsi- non riuscivo a sopportare un minuto di più la sua voce, le avrei tappato la bocca se solo fossi stato in grado e le mie mani non fossero state sul volante. - Ma chi cazzo sei, mia madre? No, quindi evita di dirmi quello che devo fare perchè in caso non lo sapessi ho diciannove anni e non è la prima volta che prendo in mano una canna, ok? Vedi di stare zitta e pensare a te stessa, so benissimo quando esagero con questa roba- la spiazzai con quella mia pesante frase e non era colpa mia, sapeva benissimo quando era il momento di tacere. Non era più la nuova arrivata, ora mi conosceva abbastanza da sapere quando era il momento di scherzare e non. Tirai profondamente e assaporai quella sostanza unica da farmi sentire vivo. Aprì il finestrino per far fuori-uscire l'odore. - Posso almeno sapere tra quanto siamo arrivati?-chiese tenendo lo sguardo rivolto in avanti. - Adesso-- E dov'è il cartello che dice che siamo arrivati?- non sapevo rispondere a quella domanda. Ricordo che ero stato io a bruciarlo insieme ai miei amici ma poi era stato ricostruito e non sapevo perchè ancora oggi non ci fosse. Ero certo che fossimo arrivati perchè ricordavo quel campanile bianco e le case attorno, ricordavo la piccola piazza da dove partivano piccole vie che portavano nelle rispettive case. Fissai attentamente ogni piccolo particolare di quella cittadina così piccola. Se Stratford era un centro abitato con pochi cittadini, Bainville non sarebbe dovuta definirsi un paesino, ma anzi, una chiesa con dieci case soprannominata Bainville. Era rimasta intatta se non con qualche piccola casa in più ma del resto non era stato toccato niente. Il campanile era rimasto con i muri crepati e le strade non erano ancora state aggiustate per bene. Mi chiedevo se davvero ero andato via da qui, erano passati anni ma questo luogo era sempre lo stesso. - Non sapevo fosse così piccola- incominciò a parlare April che fissava fuori dal finestrino ogni particolare, ogni persona. - Sono felice che ora i tuoi dubbi siano spariti- il mio non era sarcasmo, il mio era prendere per il culo ma a volte la detestavo veramente tanto. Ci sono giorni che preferirei non l'avessi mai rapita ma altri invece dove mi piace scherzare con lei e vederla ridere. - Senti mi dispiace ok? Hai ragione,a voltesonotroppo precipitosa e parlo troppo. Fuma quanto vuoi, drogati quanto vuoi e finiamola qui-- Hai fame?-- Ma hai sentito quello che ho detto?-- Si e tu hai sentito quello che ho detto io?- dellesuescuse non me ne facevo niente, io non ero quel ragazzo che per sentirsi soddisfatto aveva bisogno di scuse - c'èun piccolo ristorante qua vicino, era il mio preferito-Accostai la macchina in un angolo della città e scesi seguito da April. Il profumo liberatorio di Bainville era sempre lo stesso, forse più pulito. Non c'era l'inquinamento che c'era a Toronto e non ero più abituato a respirare quest'aria innoqua. Presi gli occhiali da sole dentro la tasca dei jeans e mi coprì gli occhi. Voltammo a sinistra per una via, ancora c'era l'insegna del ristorante: Bonny's lunch, l'insegna era tirata a lucido e ridipinta di rossa, quando abitavo qua era colorata di blu e le lettere a stento si vedevano. Si era ingrandito, anni fa non c'erano i tavolini fuori. Entrammo dentro e ancora tenevo gli occhiali addosso, misi per fino il cappuccio della felpa sulla nuca. Ci accolse una ragazza sulla ventina mai vista prima. - Un tavolo per due- dissi tenendo lo sguardo abbassato. - Dentro o fuori?- chiese la ragazza avvicinandosi sempre di più. - Dove c'è meno gente- risposi allontanandomi e voltando lo sguardo verso destra e poi a sinistra. April seguì la ragazza che ci accompagnò a sedere in un tavolino accostato all'angolo del locale dove c'erano si e no due persone. April ringraziò la ragazza che ci lasciò i menù sopra il tavolino. - No, mettiti di qua- ordinai ad April che mi guardò inarcando un sopracciglio. - Perchè?-- Mettiti di qua e basta- ci scambiammo i posti e continuai a tenere il cappuccio e occhiali da sole, avevo la schiena rivolta verso la cassa e la cucina, sapevo perfettamente chi lavorara qui e non avevo intenzione di farmi riconoscere. Non appena arrivarono i nostri ordini incominciai a mangiare con rapidità, volevo uscire al più presto possibile da questo posto e non tornarci mai più. April era più confusa che mai ma dai miei movimenti capì da sola che doveva mangiare velocemente e mise in bocca più quattro patatine per volta. Sorseggiò il bicchiere d'acqua mandando giù anche la medicina. - Mi spieghi perchè tutta questa fretta?- mi chiese April. - Te lo spiegherò non appena usciamo da qui-- Perchè parli a bassa voce?-- Non devono sentirmi-- Ma chi?-- I proprietari- sapevo che non avrebbe smesso di fare domande - qui ci lavorano i genitori di un mio amico, insieme a lui compravo la droga e non voglio che mi riconoscono, per questo parlo a bassa voce. Non voglio avere alcun rapporto con queste persone, non adesso-- E allora perchè siamo venuti qua a mangiare se sapevi che avresti potuto avere incontri familiari?-- Perchè non c'erano altri posti dove poter mangiare a meno che tu non voglia mangiare la merda di maiale che c'è in una fattoria poco distante da qui-- Il sarcasmo ce l'hai proprio nel sangue, vedo- abbozzai ad un sorriso e pochi istanti dopo squillò il mio telefono. Diventai rigido e m'immobilizzai, lasciai che la suonerai del cellulare continuasse a suonare e la gente di fianco a noi si girò. Ero immobile e allo stesso tempo terrorizzato da quella chiamata, poteva essere Cody, Mark, ma poteva essere anche Freddy, il figlio dei genitori di questo posto. Continuai a fissare il piatto ormai privo di carne e stetti immobile. - Ti suona il cellulare- incominciò April. Cazzo, quello non era il momento di parlare. La fissai facendole segno di stare zitta e lei bevve un sorso d'acqua. - Credi che non me ne sia accorto? Ora fammi un favore, guarda davanti a te se c'è qualcuno che sta parlando al cellulare- annuì per poi alzare di poco lo sguardo e osservare ogni persona dentro il locale. Quei minuti sembravano ore e il cellulare non smetteva di suonare, Cody non era, lui dopo tre squilli chiudeva la chiamata. - Non c'è nessun... aspetta- April mi fissò massaggiandosi una tempia e tenendo il profilo basso - c'èun ragazzo appoggiato al bancone della cassa con un telefono in mano ma è girato di spalle-- Com'è fatto?-- Ha i capelli scuri e non è molto magro- il cellulare smise di suonare ma quella piccola descrizione mi suonava familiare. - Riesci a vedere se porta l'orecchino inun orecchio?-- E' andato via non appena il tuo telefono ha smesso di suonare, comunque avrà avuto una ventina d'anni-- Merda, andiamo- lasciai venti dollari sul tavolino e afferrai per il polso April. Non appena giungemmo alla porta del locale qualcuno arrestò i nostri passi. Mi girai pronto ad affrontare Freddy ma mi sbagliai, era la stessa ragazza che ci aveva accolto all'inizio. - Avete dimenticato queste- erano le medicine di April. Rilassai il diaframma per poi uscire da lì e incamminarmi a passo svelto verso la macchina seguito da April che a fatica riusciva a starmi dietro. Non appena dentro mi tolsi gli occhiali e il cappuccio. Diedi un forte pugno al volante stando attento a non beccare il clacson. Mi tirai i capelli dalla rabbia, ero nel panico più totale perchè sapevo che tornare a Bainville avrebbe rischiato questo e non avevo intenzione di ricoinciliarmi con i miei vecchi amici. Tirai fuori dalla tasca il mio cellulare e lo porsi ad April che lo afferrò lentamente. - Dimmi che mi ha chiamata tuo fratello, dimmi così-April aprì la chiamata persa e rimase di stucco. - Veramente ti ha chiamato Dylan- se prima ero confuso adesso lo ero ancora di più. - Come me lo spieghi quel ragazzo alla cassa?-- Justin evidentemente stava chiamando qualcuno, vedi di non farti troppe paranoie- e forse aveva ragione. Magari non era nemmeno Freddyquelloalla cassa,ero talmente terrorizzato che ogni persona in questo luogo mi sembrava troppo familiare ma quando l'ansia mi prendeva vedevo cose quasi inimmaginabili. Accesi l'auto e guidai verso casa. Pochi minuti dopo accostai davanti a quella che doveva essere casa mia. Abitavo nella via più povera della città. Non era solo la mia via quella, ma anche quella dei miei amici e pregavo che non ci fossero. Era messa male, piena di crepe in ogni angolo e troppo scolorita. Il piccolo viale che portava sulla veranda era pieno di erbacce e il cancello era aperto e arrugginito. Non appena scesi dall'auto m'incamminai verso la porta. Non mi sentivo più al sicuro."

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